I vent’anni del film “Ovosodo”. Non solo feste, ma anche due libri (pubblicati da Erasmo ed ETS)
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Le Edizioni Erasmo di Livorno pubblicano, in occasione dei vent’anni del film Ovosodo di Paolo Virzì, il libro “OVOSODO – di Virzì, Bruni, Scarpelli” a cura di Massimo Ghirlanda e Federico Govoni, uno studio incentrato sulla genesi della sceneggiatura finale del film (nella foto sopra il titolo: dal set, da sinistra Cocci, Brachini, il regista Virzì, e Fantozzi). Attraverso l’analisi puntuale del testo, emerge la continuità con l’universo culturale artistico e politico che appartenne a Furio Scarpelli, maestro di Virzì e Bruni. Al tempo stesso, gli autori rintracciano l’eredità della commedia all’italiana, l’uso dell’ironia e il sotto testo politico, nonché il confronto con i grandi modelli del romanzo di formazione, a partire da Dickens.
Arricchiscono il libro, i contributi di Marco Sisi, sui luoghi visitati dalla pellicola, e di Giacomo Scarpelli, figlio di Furio, con una breve riflessione che muove dal Gran Premio della Giuria che il film vinse nel 1997 a Venezia. In appendice: biografia degli autori, scheda del film, riferimenti bibliografici. Il volume presenta anche alcuni disegni di Paolo Virzì e foto di scena inedite di Italo Tonni.
Massimo Ghirlanda è stato uno dei fondatori del Centro Studi Commedia all’italiana di Castiglioncello di cui è presidente dal 2009. Ha tenuto corsi di Storia del cinema nelle scuole e ha pubblicato articoli sugli autori del cinema italiano. Nel 2007, per Pacini editore, ha pubblicato il volume Castiglioncello e il cinema. I film, i luoghi e i personaggi. È il direttore della collana I Quaderni di Storia del cinema della casa Editrice Erasmo di cui ha curato le edizioni critiche delle sceneggiature del Sorpasso di Scola e Maccari e In nome del popolo italiano di Age e Scarpelli. Dal 2016 è ideatore e coordinatore delle Lezioni di Cinema, il ciclo di conferenze organizzato da 50&Più – Università di Livorno. Fa parte dal 2012 della giuria del Premio Suso Cecchi d’Amico per la miglior sceneggiatura.
Federico Govoni si è laureato in Lettere con una tesi su Paolo Virzì e la Commedia all’italiana. Dal 2004 collabora come critico cinematografico con la rivista “Cinemasessanta”. Dal 2009 al 2011 ha trascritto in formato digitale una grande parte del materiale d’archivio di Furio Scarpelli tra cui gli appunti de Il mestiere dello sceneggiatore, testo inedito. Nel 2012 ha scritto per Le Mani, insieme ad Alessio Accardo e Chiara Giacobelli, la biografia Furio Scarpelli. Il cinema viene dopo. Nel 2014 ha contribuito con la scheda critica Giustizia del codice o della morale?, alla pubblicazione della sceneggiatura del film In nome del popolo italiano, Edizioni Erasmo, Collana Dedo.
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ETS rilancia il primo trattamento originale di Ovosodo di Paolo Virzì e Francesco Bruni e lo fa per i vent’anni del film che racconta l’Italia (e Livorno), la storia da cui è partito tutto…
“Nato da un cane. Il trattamento originale di Ovosodo di Paolo Virzì e Francesco Bruni” (a cura di Ottavia Madeddu; prefazione di Paolo Mereghetti, collana Dillinger). Anello di congiunzione fra la pagina scritta e la pellicola, il trattamento di Ovosodo è la scoperta del luogo da dove prende origine il cammino buffo e disperato di Piero, è il racconto sorridente di una piccola tragedia che prenderà i toni della commedia cinematografica più riuscita. Ma “Nato da un cane” non è solo il modello, lo studio per il film che sarà, è un racconto vivace e coinvolgente che ha la capacità istantanea di tirarti dentro al rocambolesco mondo del suo protagonista, farti dimenticare la pellicola che ne è stata tratta, per poi, infine, avere ancora più voglia di perderti nelle immagini del film.
In questa settimana a Livorno eventi, presentazioni, videoproiezioni e rassegne per entrare fin dentro lo spirito di quell’ovosodo ironico, canzonatorio, sarcastico e burlone che non va né su né giù ma si alleggerisce solo con un po’ di brezza marina… (a destra: una scena dal film)
Leggere il trattamento originale di Ovosodo intitolato “Nato da un cane” è raccomandabile per due motivi. Perché aiuta a scavare dentro la «fabbrica cinematografica » di Virzì, scoprendo fonti di ispirazione, ambizioni e, magari, segreti e perché aiuta a capire meglio l’idea di cinema che guida il regista livornese, come trasforma le idee in immagini e le storie in film. Per il primo motivo, l’introduzione di Ottavia Madeddu è un aiuto preziosissimo: analizza ed esamina praticamente ogni riga del trattamento originale, notando differenze e idee di forza, a cominciare dalla «confessione» iniziale, che – quasi un mettere avanti le mani – porta Virzì (e il suo «collaboratore» Francesco Bruni) a mettere bene in evidenza il proprio padre tutelare: come in un exergo, i due autori confessano la loro voglia di raccontare «il romanzo di formazione di un ragazzo di Livorno» puntando la loro attenzione su «alcuni anni di vita, alti e bassi, speranze, scoperte, amori, amicizie, dolori, in un racconto accompagnato dal vispo timbro di voce del ventitreenne Piero, che ci piacerebbe trattare alla stregua di uno di quei giovanotti dei romanzi di Dickens, come Pip, David Copperfield, Oliver Twist» (dalla prefazione di Paolo Mereghetti)