
Una “Tosca” immersa in una Roma “lugubre e per niente pittoresca” (regia di Ivan Stefanutti) ha aperto la stagione del Giglio di Lucca. Sul palco primeggia lo Scarpia di Leo An, Daria Masiero battagliera e generosa. La recensione di Fulvio Venturi
di FULVIO VENTURI
Pubblico delle grandi occasioni al Teatro del Giglio per questa “Tosca” che inaugurava la stagione 2019/20 della città natale di Giacomo Puccini.

È un allestimento noir, che si svolge “in una Roma lugubre e per niente pittoresca”, come leggiamo nel programma di sala, quello di Ivan Stefanutti, che ha firmato regia, scene e costumi, – Ezio Antonelli, visual designer; Marco Minghetti, light designer -, nel quale però abbondano le citazioni al vero di Sant’Andrea della Valle e del paesaggio romano. Incombenti colonnati non privi di bellezza, poi, uno scalone d’onore che serve da accesso all’altare della chiesa, allo studio di Scarpia e ai parapetti di Castel Sant’Angelo, definiscono la scena con un vago ricordo delle fantasie di carceri piranesiane e della iconografia legata a quel classico descrittore della romanità che fu Bartolomeo Pinelli. Un allestimento senz’altro non privo di effetto, dove però è meno definita la regia che relega la recitazione in ambito assolutamente naturale.

Ancora in una nota presente sul programma di sala il direttore d’orchestra Marco Guidarini sottolinea la “precoce affinità (di Puccini) col gusto francese” e un “linguaggio per molti versi antitetico rispetto allo stile della ´giovane scuola´ di Leoncavallo e Mascagni”, però dimenticando di citare al riguardo almeno alcune pagine di “Cavalleria rusticana” e “Fritz” che più d’una comunanza con Bizet e Massenet presentano, e “Iris” che nel 1898 intuisce e anticipa certe trasparenze della scala esatonale.
Per scendere nel particolare, tuttavia, non ci è parso che la direzione di Guidarini, a capo dell’Orchestra della Toscana, tutta giocata sul forte e sulle tensioni della passione, tendesse a quelle sottolineature.

In palcoscenico ha primeggiato il solido ancorché poco sfumato Scarpia di Leo An. Daria Masiero ha incarnato una Tosca generosissima, battagliera e appassionata, risoluta nel settore acuto: una “lama” come la sua non si sente tutti i giorni. La costruzione del personaggio e del fraseggio meriterebbe approfondimenti. Enrique Ferrer fa leva anch’egli su generosità e applicazione, ma il timbro non lo aiuta e ieri sera almeno ha faticato anche dal lato musicale con una evidente amnesia nell’attesa frase “qual occhio al mondo”.
Matteo D’Apolito, Angelotti; Saverio Pugliese, Spoletta; Donato Di Gioia, Il Sagrestano (buono); Marco Innamorati, Sciarrone; Lorenzo Nincheri, Un carceriere; Giovanni Fontana, Un pastore, insieme con Coro Ars Lyrica diretto da Marco Bargagna e Coro Voci Bianche Teatro del Giglio e Cappella di Santa Cecilia, maestro Sara Matteucci, hanno completato lo spettacolo. Successo cordiale.

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