SPECIALE FESTIVAL PUCCINI / 16. Il pianista Sandro Ivo Bartoli intervistato dal critico Fulvio Venturi. Puccini, le riduzioni di Carignani, la ricerca e il nonno “sciupamusica”

di FULVIO VENTURI

Sandro Ivo Bartoli, pianista che da tempo ci ha abituati ad imprese musicalmente difficili, ma di grande interesse culturale e di indubbio fascino, fra le quali ricordiamo le composizioni per pianoforte di Ottorino Respighi (lo splendido Concerto in Modo Misolidio) e di Olivier Messiaen (Préludes e Catalogue des Oiseaux, Livre VII), si occupa adesso delle pagine pianistiche di Giacomo Puccini che eseguirà in concerto a Torre del Lago, il 7 agosto 2017 alle ore 21,15, presso l’Auditorium Caruso del Festival Puccini.

Ci dica come nasce questo programma.

“Einstein raccomandava di non perdere mai la “santa curiosità”, e siccome Einstein era un genio io gli do retta volentieri! Sono cresciuto a Vecchiano, all’ombra della figura di Puccini. Quando, diversi anni fa, mi imbattei nei brani originali del Maestro per pianoforte, non potei fare a meno di studiarli e di presentarli in pubblico. Da allora mi hanno dato tanta soddisfazione”.

Un altro musicista lucchese, Alfredo Catalani, vicino a Puccini e per qualche verso suo anticipatore, con il quale condivise le atmosfere della nativa Lucca e della Milano “scapigliata” nella quale entrambi si formarono, ha lasciato un cospicuo catalogo di musiche per pianoforte, affascinanti per “spleen” ed ispirazione. Si possono cogliere delle similitudini, delle assonanze, fra il “pianoforte” di Catalani e quello di Puccini?

“Catalani ha dedicato al mio strumento almeno una raccolta importante, le “Impressioni”. Di contro, Puccini ha scritto per pianoforte pochissimo e quasi di controvoglia: dei sei pezzi accreditati come originali, tre furono fatti su commissione! Ma, secondo me, proprio qui sta il segreto fascino di questa musica: la loro apparente mancanza di pretese, che invece nasconde pagine molto belle. Puccini è stato unico anche in questo”.

Ci parli adesso delle riduzioni pianistiche che Carlo Carignani realizzò delle partiture di Puccini. Pianisticamente hanno un interesse, oppure sono dei semplici, dignitosissimi, strumenti di lavoro per cantanti, direttori d’orchestra e maestri collaboratori? Inoltre, chi fu Carlo Carignani?

“Bisogna fare una precisazione: le riduzioni per canto e pianoforte sono strumenti per gli addetti ai lavori, e servono ai maestri sostituti in sede di prove senza orchestra o ai cantanti per imparare la loro parte. Ma Casa Ricordi, che pubblicò tutte le opere di Puccini tranne La Rondine, commissionò al Carignani anche riduzioni “per pianoforte solo”, e queste non avevano (né hanno) alcun valore pratico. Erano destinate al mercato – notevole – dei dilettanti di musica: appassionati che preferivano strimpellare “Un bel dì vedremo” piuttosto che gli Studi di Czerny. Queste trascrizioni ci appaiono, oggi, come la “voce” di una società che non esiste più, una società che faceva tesoro del far musica domestico e ricreativo, e per questo sono il compagno ideale dell’opera omnia pianistica. Carignani era amico d’infanzia di Puccini e sappiamo, dall’epistolario, che lavorava agli adattamenti per pianoforte sotto l’occhio vigile del Maestro. I risultati sono notevoli, e secondo me meritano le attenzioni dei concertisti”.

Sappiamo della sua passione non solo di pianista, ma di ricercatore e del suo lavoro su musiche desuete e su autori in itinere di oblio. Ci sembra in realtà lavoro di gran merito poiché da troppo tempo sia i testi di consultazione, che i programmi da concerto, sono pieni dei soliti nomi e dei soliti titoli. A che cosa sta lavorando in questo periodo, ha qualche sorpresa in vista?

“Sono a mettere gli ultimi ritocchi ad una piccola “pièce” che ho composto dall’epistolario di Puccini, e che presenterò in prima assoluta al Bianchi e Neri Piano Fest Tuscany il 16 agosto 2017. Si chiama “A cena con Puccini”: farò recitare a Iacopo Bertoni estratti dalle lettere del Maestro che parlano di cibo (ce ne sono a bizzeffe: il Maestro, da buon toscano, era un’ottima forchetta!), accompagnerò le letture suonando alcune delle trascrizioni del Carignani, e dopo ci sarà una cena con ricette pucciniane. A settembre tornerò in Giappone, e nel mio programma ci saranno tante rarità dall’Archivio Storico Ricordi nonché due prime esecuzioni assolute: lo Studio Op.25 No.7 di Chopin nella trascrizione per la mano sinistra sola di David Plylar ed una Fantasia per violino e pianoforte che Luciano Damarati ha scritto apposta per mia moglie Debra Fast, con la quale la eseguirò. Poi, nel 2018, ci saranno diversi anniversari importanti che non mancherò di ricordare. Ma di questi avremo tempo di parlare un’altra volta. No?”

Ci dica per bene chi è Sandro Ivo Bartoli. Come nasce musicista, il suo lungo percorso lontano dall’Italia, il suo rapporto con il Festival Puccini, i suoi sogni nel cassetto. E con questo la salutiamo con un marinaresco e versiliese “buon vento”.

“Vengo da Vecchiano, un paesino sull’altra sponda del Lago di Massaciuccoli, e la musica era nel sangue: il mio bisnonno paterno, Senofonte Prato, era un valente musicista che aveva suonato in orchestra sotto la bacchetta di Toscanini, ed aveva raggiunto anche buoni risultati come compositore. L’anno passato sono riuscito a mettere le grinfie su una sua composizione molto carina, che di tanto in tanto eseguo con soddisfazione. Ho vissuto quasi metà della mia vita in Inghilterra, un’esperienza per me fondamentale: mi ha insegnato i pregi della diversità, i valori della tolleranza, la bellezza del sacrificio. In Inghilterra ho incontrato il mio mentore, il grandissimo pianista russo Shura Cherkassky, dal quale ho imparato quelle quattro cose che so su come si suona il pianoforte e – sopratutto – su come si suona il pianoforte in pubblico. “Se sei prevedibile e la gente sa cosa farai nella prossima battuta – mi diceva sempre – allora non vale la pena di ascoltarti”. Per me quelle parole sono diventate una missione. Il far musica di professione ha bisogno di tre elementi imprescindibili: chi la scrive, chi la suona, e chi la ascolta. Io sono quello nel mezzo, uno che la musica la suona, e devo rendere grazie a chi la scrive, rispettando alla lettera il testo musicale, ma anche a chi la ascolta, cercando di offrirgli letture che siano avvincenti e divertenti.
Ormai sono troppo vecchio per i sogni nel cassetto: la mia è una vita piena di emozioni e di sorprese, le quali mi bastano ed avanzano. Anzi, forse un sogno nel cassetto ce l’ho: un lungo periodo di vacanza (ma è utopico: mi annoierei!).
Il Festival Puccini, per me, è un punto di riferimento artistico e personale. Lì ho inciso diversi dischi, lì ho suonato tante volte, lì ho trovato un caro amico e collaboratore formidabile nel direttore generale Franco Moretti. E poi, per me, Puccini rimane sempre Puccini. Le dicevo del mio bisnonno paterno: era stato compagno di studi del Maestro al conservatorio di Lucca, e mantenne con lui rapporti di amicizia per tutta la vita. I vecchi, al paese, raccontano che i due si incontrarono sul lago durante una battuta di caccia, e che Puccini salutò il mio avo con un disarmante “O cosa giri, sciùpamusica?”. Ecco, anche io, a volte, mi sento uno “sciùpamusica”. In tale compagnia non è poi così male!”