San Gimignano riapre le sue porte e la Vernaccia vuole tornare grande. Ma occorrono sostegni adeguati alle aziende
Esattamente quattro mesi dopo l’inizio dell’epidemia da coronavirus, San Gimignano riapre le sue porte, nel mese di giugno stanno riprendendo la loro attività quasi tutti gli agriturismi, gli alberghi e i ristoranti del borgo medioevale, come i musei e le chiese: è tornata ad essere una città viva ma come non si era mai vista, intatta e silenziosa.
L’epidemia da coronavirus ha stravolto la routine a cui la città e i produttori di vino erano abituati, cancellato il turismo, impedito ogni scambio fisico e culturale, annullato appuntamenti fieristici importantissimi come il Vinitaly, chiuso i canali di vendita privilegiati della Vernaccia di San Gimignano, i ristoranti, le enoteche, i wine bar di ogni luogo e in tutte le nazioni. Solo le aziende vitivinicole non hanno mai interrotto la loro attività, il lavoro nei campi e in cantina è continuato come sempre, ci sono vigne bellissime e curatissime, delle cantine splendenti, ma purtroppo con molto vino dentro: nei primi cinque mesi del 2020 l’imbottigliamento è calato del 21%. La riapertura delle strutture recettive rappresenta un fattore determinante per la ripresa del turismo, circa un quinto della produzione di Vernaccia di San Gimignano è venduta in loco e anche se i quasi tre milioni di turisti del 2019 saranno un traguardo irraggiungibile per il 2020, è importante che si riparta e che lo si faccia con quella maggiore attenzione alla qualità rispetto alla quantità, come nel comparto vitivinicolo si sta facendo da tempo, sia nella produzione di vino, sia nell’accoglienza in azienda.
Come San Gimignano, anche il resto dell’Italia e del mondo stanno ripartendo. L’export assorbe circa il 52% della produzione di Vernaccia di San Gimignano, i mercati internazionali si stanno lentamente riprendendo dopo un calo forse meno netto rispetto a quello italiano, in particolare quello tedesco e statunitense, che hanno subito un lockdown meno duro rispetto a quello italiano.
Per ripartire occorre adesso un forte sostegno alle imprese e alla produzione, ma per il Consiglio di Amministrazione del Consorzio del Vino Vernaccia di San Gimignano misure come la distillazione di crisi delle giacenze in cantina o la vendemmia verde non sono adeguate ad una docg di nicchia come quella della Vernaccia di San Gimignano, poco più di cinque milioni di bottiglie di un vino bianco longevo che con l’affinamento in cantina o bottiglia può solo migliorare le sue perfomance qualitative ed esaltare le sue caratteristiche organolettiche. Quello che oggi serve è un sostegno economico e finanziario alle aziende per superare il momento di crisi, per affrontare gli inevitabili costi di produzione per la prossima vendemmia e di stoccaggio dei vini, di quelli per la digitalizzazione e per il cambio di strategia comunicativa necessari per sostenere il brand Vernaccia di San Gimignano, dagli eventi ‘in presenza’ a quelli on-line e sui social media. In due parole, dei costi necessari per trasformare la crisi creata dall’epidemia da Covid19 in un’opportunità di cambiamento radicale.
Richieste che Riccardo Ricci Curbastro, il presidente di Federdoc, l’associazione di tutte le doc e docg italiane, invitato agli Stati Generali dell’Economia ha presentato al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte la scorsa settimana, insieme a quella di un maggiore coinvolgimento dei Consorzi nelle decisioni che riguardano export e promozione, di risorse per la difesa delle denominazioni sui mercati internazionali e per una produzione sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico, un forte sostegno al turismo, che rappresenta un elemento fondamentale per la vendita e la valorizzazione dei nostri vini, proponendo anche una misura eccezionale come la riduzione dell’IVA nei mesi estivi proprio per favorire i consumi e quindi permettere alle imprese vitivinicole di arrivare alla prossima vendemmia.