“Ri-Doniamo loro la fama”, grazie al Lions Club Livorno Host, altri service cittadini e la Fondazione Livorno parte in convenzione con il Comune il restauro del Famedio di Montenero. Qui riposano Giovanni Fattori, Mario Puccini, Guerrazzi, Bini, Pollastrini, Demi… e sono ricordati con epigrafi Mascagni, Modigliani, Niccodemi, Civinini, Borsi
Sarà presto ristrutturato e restituito ai livornesi nella sua veste migliore, il Famedio di Montenero, il loggiato monumentale attiguo al Santuario, dove riposano livornesi illustri fra i quali Giovanni Fattori e Mario Puccini.
Obiettivo, concludere i lavori entro il mese di giugno (compatibilmente con le normative di prevenzione del Covid-19) e presentare alla città gli spazi rinnovati entro l’estate.
A farsi carico del restauro del nostro “Tempio della fama” livornese, in virtù di una convenzione con il Comune di Livorno (settore Attività Culturali, Musei e Fondazioni), sarà il Lions Club Livorno Host, che, tramite il suo presidente avv. Gianluca Zingoni è riuscito a coinvolgere altri club di service cittadini, Lions Club Porto Mediceo, Rotary Club Livorno e Rotary Club Mascagni, quindi la Fondazione Livorno e numerosi soggetti privati per raccogliere la somma necessaria all’intervento, circa 30mila euro.
“Questo progetto, che abbiamo voluto chiamare“Ri-Doniamo loro la fama” nasce come inclusivo per tutti coloro i quali abbiamo a cuore la nostra città e vogliano dare una mano in questo momento difficile perché possa apparire sempre attraente”, precisa l’avvocato Gianluca Zingoni, presidente del Lions Club Host.
“Ringraziamo tutti i soggetti che collaborano a questa opera” commenta l’assessore alla Cultura del Comune di Livorno Simone Lenzi. “Il restauro del famedio è un atto di amore della città verso se stessa e la sia storia.
Ci fa particolarmente piacere che avvenga in concomitanza con una prossima mostra di Mario Puccini che si terrà nel Museo di Città”.
L’importante progetto è teso appunto a valorizzare come meritano i nomi di chi riposa in quel luogo: Francesco Domenico Guerrazzi (1804-1873), politico e scrittore, Carlo Bini (1806-1842), scrittore e patriota , Enrico Pollastrini (1817-1876), pittore, Carlo Meyer, garibaldino e politico, Paolo Emilio Demi (1798-1863), scultore, Giovanni Fattori (1825-1908), pittore e incisore, Giovanni Marradi (1852-1922), poeta e scrittore, Ernesto Rossi (1827-1896), attore teatrale, Mario Puccini (1869-1920), pittore.
Inoltre al Famedio sono ricordati con epigrafi commemorative altri personaggi: Dario Niccodemi (1874-1934), commediografo, sceneggiatore, capocomico; Gustavo Salvini (1859-1930), attore di cinema e teatro; Guelfo Civinini (1873-1954), scrittore, poeta, giornalista; Pietro Mascagni (1863-1945), compositore e direttore d’orchestra; Amedeo Modigliani (1874-1920), pittore e scultore; Giosuè Borsi (1888-1915), scrittore.
La struttura appare oggi molto danneggiata soprattutto a causa di infiltrazioni di acqua.
Il Lions Club Livorno Host, quale capofila della cordata, ha incaricato dei progetti esecutivi e della documentazione amministrativa le architette Valeria Aretusi e Alessandra Carlesi, il tutto nel pieno rispetto delle prescrizioni della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno.
Oltre alla manutenzione strutturale sarà migliorata l’illuminazione e sarà predisposta una cartellonistica informativa, sia in italiano che in inglese.
LA STRUTTURA
Il Famedio di Montenero sorge sul piazzale antistante al Santuario della Madonna delle Grazie. La struttura è caratterizzata da un loggiato con pilastri d’ordine toscano ed archi a tutto sesto, con terrazza alla sommità. Le arcate sono schermate mediante cancellate artistiche in ghisa, realizzate dall’officina Fratelli Gambaro di Livorno.
Il Famedio si compone complessivamente di nove arcate e si estendende per circa cinquanta metri.
BREVE STORIA DEL FAMEDIO
Il loggiato che oggi costituisce il Famedio di Montenero fu eretto a partire dal 1794 dall’abate don Rodesindo Marcucci per dare riparo ai fedeli che raggiungevano in pellegrinaggio il santuario mariano.
Successivamente all’ampliato della costruzione, avvenuta nel 1852 con la realizzazione a cura dei padri vallombrosiani delle quattro arcate terminali, la prima delle quali di accesso al piazzale, la strada pubblica che allora attraversa la piazza del Santuario fu deviata lungo il lato esterno del loggiato. Due anni dopo, finiti i lavori finanziati dal Comune, l’ingresso al Santuario assunse l’attuale aspetto con la scalinata di accesso ed il lungo loggiato non ancora suddiviso in edicole.
Negli anni Sessanta dell’800 i padri vallombrosani cedettero ai componenti della famiglia Castelli le ultime tre arcate dell’edificio, mentre le prime cinque furono incamerate dal Comune a seguito della legge di devoluzione dei conventi soppressi del luglio 1866.
Con la morte di Francesco Domenico Guerrazzi, avvenuta il 23 settembre 1873, la quinta arcata del loggiato fu concessa al nipote dello scrittore per rispettare così la sua volontà, espressa anni prima, di essere sepolto a Montenero. L’anno successivo venne inaugurato il monumento eretto da Aristide Despotti Mospignotti, sormontata dal busto in marmo, opera di Carlo Niccoli da Carrara. La tomba nel 1888 fu poi donata al Comune dalla famiglia Guerrazzi, accogliendo il principio che le ceneri degli uomini illustri dovessero appartenere al Comune nel quale ebbero i natali.
La destinazione a Famedio del loggiato prospiciente il Santuario di Montenero si consolidò l’anno successivo con l’iniziativa presa dal Comune di tumulare, nell’arcata adiacente a quella di Guerrazzi, la salma di Pollastrini, morto a Firenze il 10 gennaio 1876, assumendo le spese per le onoranze funebri, per la sepoltura e per la collocazione delle lapidi e dell’effigie marmorea del pittore, opera di Giovanni Paganucci.
Nella stessa arcata, la quarta, il 15 settembre 1895, furono collocati i resti dello scrittore Carlo Bini, morto nel 1842. La tomba è adornata dalla replica di un busto scolpito da Temistocle Guerrazzi collocato nel 1864 sulla tomba di Bini nel cimitero di Salviano. Due anni dopo le ceneri di Carlo Meyer, morto a Roma il 3 giugno 1897, vennero riposte presso quelle di Pollastrini e poi contraddistinte da una lapide dettata nel 1903 da Giovanni Targioni Tozzetti. Sempre nella stessa arcata, il 4 settembre 1898, furono traslati i resti di Paolo Emilio Demi, morto l’8 maggio 1863 e sepolto nel cimitero di Salviano. L’ultimo livornese ad essere accolto nella quarta loggia fu Giovanni Fattori, morto a Firenze il 30 agosto 1908.
Le successive sepolture furono collocate nella seconda arcata dove, nel 1922, fu inumato Giovanni Marradi, ricordato con un busto in bronzo opera di Umberto Fioravanti, e nel 1928 furono traslati i resti di Ernesto Rossi, morto il 4 giugno 1896, ricordato in un’iscrizione dettata da Salvatore Orlando e da un busto scolpito da Pietro Magni. Nella stessa edicola, nel luglio 1966, furono collocate lapidi in onore del commediografo Dario Niccodemi e dell’attore Gustavo Salvini e nel 1975 quella in ricordo dello scrittore e giornalista Guelfo Civinini
La prima edicola, quella che si apre sulla città, accoglie dal giugno 1951 una lapide in onore di Pietro Mascagni e dal 1988 i resti del pittore Mario Puccini ed il ricordo di Giosuè Borsi ed Amedeo Modigliani.