Restaurati i Delfini di Ardenza, ma non tornano davanti al mare: saranno collocati nell’atrio del Palazzo Comunale
I Delfini di Ardenza saranno collocati al pian terreno dell’atrio del Palazzo Comunale di Livorno. Verranno collocati su un basamento realizzato con elementi componibili che riproporranno le linee della seduta presente al Moletto di Ardenza, dove i Delfini originariamente si trovavano. Facevano parte, infatti, della balaustra del Moletto e furono costruiti in ghisa dalle Fonderie di Follonica su prototipi disegnati da Carlo Reishammer. L’allestimento finale delle opere nell’atrio vedrà la collaborazione della Soprintendenza. È prevista inoltre, a completamento, una decorazione trompe l’oeil sulla parete retrostante gli stessi delfini e un’apposita illuminazione per valorizzare ancor di più l’opera. “Finalmente una collocazione che valorizza questi splendidi manufatti storici che testimoniano la ricchezza degli arredi urbani e degli edifici nella Livorno dell’800” – afferma l’assessore all’Arredo Urbano Alessandro Aurigi-. L’ufficio progettazione e arredo urbano del Comune ha studiato una soluzione con la Soprintendenza che restituirà loro la giusta dignità ma anche la meritata visibilità e protezione. Un sentito e doveroso ringraziamento a nome della città per l’Associazione Amici dei Musei che ne ha finanziato il restauro, ridando loro una nuova vita”.
“Mi unisco ai ringraziamenti nei confronti degli Amici dei Musei che si sono prodigati per restituire una delle coppie dei Delfini alla città e che sarà collocata a breve nella “casa dei livornesi” che in questo modo diventerà una sorta di spazio espositivo” – dichiara l’assessore alla Cultura Francesco Belais -. Mi auguro che presto si possa trovare una soluzione per una nuova fusione di un materiale che possa in modo da ricollocare le copie dei Delfini anche al Moletto di Ardenza. Questo è un mio grandissimo desiderio e obiettivo che spero di realizzare entro la fine del mandato. Le altre coppie di delfini sono sfortunatamente troppo deteriorate per poter essere restaurati e sono custodite nei magazzini cultura”.
Scheda dell’autore. Carlo Reishammer (Firenze, 4 aprile 1806 – Firenze, 4 ottobre 1883), figlio di padre austriaco e madre italiana. Dopo aver ricevuto una prima formazione in Svizzera, si trasferì a Roma e quindi concluse gli studi d’architettura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, città nella quale, giovanissimo, lavorò alla sistemazione del Cimitero degli Inglesi. Nel 1834 sposò una figlia di Alessandro Manetti, direttore del “Corpo degli Ingegneri d’Acque e Strade”, presso il quale prese servizio. Dal 1841 al 1849 assunse l’incarico di “Commissario regio per l’immediata vigilanza sulla esecuzione della Strada a Rotaie di ferro da Firenze a Livorno” e, dal 1850 al 1859, quello di “Commissario Regio delle strade ferrate” di Toscana per conto della nuova “Direzione Generale dei Lavori di Acque e Strade e delle Fabbriche Civili dello Stato”. Collaborò con il suocero a diverse opere tra cui le bonifiche della Maremma. Il suo interesse per l’architettura del ferro lo fece diventare l’architetto toscano che maggiormente impiegava i nuovi elementi architettonici prodotti in serie dalle Fonderie di Follonica. L’opera manifesto della nuova poetica fu la chiesa di San Leopoldo di Follonica costruita tra il 1834 e il 1840.
Tra il 1835 e il 1845 progettò gli elementi in ghisa delle Barriere della Cinta Daziaria di Livorno, realizzata dal suocero, Alessandro Manetti: una cinta muraria posta a delimitazione della nuova area del porto franco di Livorno, (in gran parte demolita nei primi anni del Novecento, sebbene alcuni tratti siano stati risparmiati dalla distruzione e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale). Nelle soluzioni dei varchi labronici, che presentano analogie con quelli progettati da Claude-Nicolas Ledoux per la città di Parigi, realizzò alcuni innovativi elementi in ghisa che fece produrre dalle fonderie di Follonica sia per scopi ornamentali, i famosi delfini, che strutturali. Suo anche il cancello d’ingresso della fabbrica in ferro fuso costituito da un monumentale arco di trionfo Si occupò anche della progettazione di ponti come quello sul fiume Ombrone del 1844 nell’ambito delle bonifiche maremmane: un vero capolavoro, di cui però restano solo i disegni nell’Archivio di Stato di Firenze: “un ponte sospeso a canapi di filo di ferro della luce di braccia 142″ (circa 82 metri), che sembra anticipare il Liberty e che rappresenta il vertice un iter progettuale iniziato con la costruzione del ponte sospeso a Poggio a Caiano. Nel 1841, fu nominato commissario per il compimento della Ferrovia Leopolda tra Livorno e Firenze, sovrintendendo poi, a partire dal 1850, alla realizzazione di tutte le ferrovie del Granducato di Toscana fino al 1859. Alla caduta del granduca, seguendo fedelmente il suocero Manetti, si ritirò quindi dall’attività pubblica, aprendo uno studio di progettazione privato, ma non si hanno notizie precise al riguardo. La sua opera fu a lungo dimenticata, fino alla riscoperta critica negli ultimi decenni.
Scheda dell’opera. I Delfini in ghisa del porticciolo di Ardenza fatti realizzare da Carlo Reishammer tra il 1835 e il 1845 dalle Fonderie di Follonica facevano parte della balaustra formata da cinque gruppi in ghisa raffiguranti ciascuno due gruppi di delfini capovolti, legati per la coda. Gli elementi metallici sono intervallati da sedili e piedistalli in muratura. I prototipi dei delfini disegnati da Reishammer per le nuove Dogana d’Acqua e Porta a Mare furono presentati all’interno della “Pubblica esposizione d’Arti e Manifatture Toscane” di Firenze del 1839, mentre i modelli in legno, poi adoperati dalle Fonderie di Follonica, sono conservati presso il Museo del Ferro e della Ghisa di quella città. Gruppi di delfini ornavano l’antica Dogana d’Acqua come si può vedere nelle stampe e la Porta a Mare. La balaustra, composta da una sequenza di panchine e colonne, tra le quali furono inseriti 10 gruppi di delfini, collocata poi presso il Moletto d’Ardenza deriva forse con più probabilità dall’antica Porta a Mare, situata presso l’attuale piazza Orlando, e smontata già sul finire del XIX secolo, a seguito dell’ampliamento del sistema doganale verso sud, con la costruzione della Barriera Roma e Barriera Margherita.