Pietrasanta, nella Sala delle Grasce si inaugura (il 7 maggio alle ore 18) la mostra “Hortus Conclusus” che trasforma lo spazio nel mitico giardino dell’età dell’oro

Nella Sala delle Grasce l’Hortus Conclusus di Dania Zanotto e Dany Vescovi. Il ritorno in zona gialla della Toscana segna anche il ritorno prepotente dell’arte e della cultura nella quotidianità di Pietrasanta pronta ad inaugurare un secondo nuovo allestimento in due settimane. Si tratta di Hortus Conclusus la mostra promossa dal Comune pietrasantino e organizzata dall’Associazione Quattro Coronati che trasforma il suggestivo spazio della Sala delle Grasce (via S. Agostino, 1) con vista su Piazza Duomo nel mitico “Giardino dell’Età dell’Oro”, teatro di un tempo perfetto in cui gli uomini vivevano felici e liberi da malattia, morte e peccato. In mostra tutto l’ecclettismo artistico dei due artisti che evocando l’atmosfera spirituale dell’hortus conclusus interpretano insieme all’idea di silenzio e di riflessione intimistica, il fluire delle emozioni e dell’immagine di rinascita e di purificazione, ma anche sul concetto di luogo, inteso come spazio sociale di convivenza.

Il nuovo allestimento sarà inaugurato venerdì 7 maggio 2021 alle ore 18.00 alla presenza del sindaco, Alberto Stefano Giovannetti, degli artisti, del curatore, Alberto Mattia Martini e dell’organizzatore e presidente dell’associazione “Quattro coronati”, Daniele Lucchesi. La mostra resterà aperta fino al 30 maggio dal martedì al venerdì dalle 16.00 alle 19.00, sabato e domenica su appuntamento nel rispetto delle disposizioni previste dal DPCM prenotando al 379.1888725. L’ingresso è libero.

La visione della mostra vuole focalizzarsi sul concetto di Hortus Conclusus, che trova le proprie origini nell’epoca medievale, durante la quale si immagina e successivamente si realizza concretamente un luogo tangibile cinto da mura, al cui interno si trova un giardino, uno spazio naturale, dove si coltivano piante officinali ed aromatiche, una sorta di “zona franca” completamente isolata dal mondo esterno. Tale concetto è ripreso dal libro del Cantico dei cantici e diviene allegoria del Giardino dell’Eden e della verginità di Maria. Una zona quindi volutamente circoscritta, che separa l’interno dall’esterno, il privato dal pubblico, dove l’uomo può ritrovare, la propria intima identità, allontanandosi e prendendo le distanze dalla società, che spesso “mercifica” ed annulla l’unicità dell’individuo.

Gli artisti Dania Zanotto e Dany Vescovi riflettono questi concetti, evocando l’atmosfera spirituale dell’hortus conclusus, intervenendo con le loro opere sull’idea di silenzio, di riflessione intimistica, sul fluire delle emozioni e sull’immagine di rinascita e di purificazione, ma anche sul concetto di luogo, inteso come spazio sociale di convivenza.

Sicuramente protagonista è anche la natura che avvolge e coinvolge il fruitore, non solo fisicamente, ma concettualmente con la simbologia di elementi come: piante, erbe e fiori, atti a rappresentare la forza creatrice, una sorta di autorevolezza e fascino divino apportatrice di gloria eterea. Esiste inevitabilmente il lato oscuro, quella forza che, così come espressione creatrice, donatrice di vita, può anche in contraltare imporsi in modalità veemente, vigoria distruttrice e devastatrice che la naturalità porta con sé.

Se in origine, nella tradizione religiosa l’hortus conclusus è una sorta di trasposizione simbolica del Paradiso Terrestre, rapportato invece ai giorni nostri potrebbe essere interpretato dalle popolazioni del Sud del pianeta come il mondo Occidentale. Un giardino dell’Eden nel quale si intravede la possibile salvezza, un luogo dove costruire una nuova vita, un luccichio a volte non realistico di un mondo dorato e bramato a tal punto da rischiare tutto, anche la vita pur di approdarci.

Appare quasi di ripercorrere il concetto del Giardino dell’Età dell’Oro. Purtroppo come si sa così non è anche perché l’uomo ha sempre cercato di modificare il mondo che “lo ospita” e quindi la natura in base a motivi di ordine economico, religioso, filosofico, sociale, spesso in una modalità egoistica ed a breve termine, non riflettendo a lungo termine e soprattutto non prendendo insegnamento dagli eventi della storia.