Palazzo Strozzi e il progetto “In Contatto”. Ecco il cortile delle meraviglie (in un intervento di Ludovica Sebregondi)
Pietra miliare del Rinascimento italiano, Palazzo Strozzi è tra i più eleganti e noti esempi architettonici di quei prestigiosi edifici cominciati a edificare nel Quattrocento, in cui un grande cortile circondato da colonne costituisce lo snodo nel quale convergono ingressi e scale. Certamente il cortile aveva funzioni di rappresentanza, ma rendeva anche la vita piacevole grazie alla frescura del terreno porticato, alle due ariose logge del primo piano e al loggiato dove si poteva usufruire del sole durante le stagioni fredde.
Il cortile di Palazzo Strozzi si deve a Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, che dal 1490, poco dopo l’avvio della costruzione, e fino al 1504, ne fu supervisore e architetto esecutivo. Un ambiente perfetto, scenografico, che è stato usato anche come luogo teatrale, ad esempio per alcune adunanze dell’Accademia della Crusca nel Seicento, come quella che ebbe luogo alla presenza del granduca Ferdinando II de’ Medici, illustrata da un disegno a penna di Alfonso Parigi e descritta da Francesco Settimanni nel suo Diario:
“Adì 10 giugno 1651. L’Accademia della Crusca di Firenze si radunò nel Cortile del Palazzo dei signori Strozzi al canto a’ Tornaquinci, dove il signor cavaliere Rucellai recitò una bellissima Orazione in lode di San Zanobi Vescovo di Firenze, quale fu eletto per Protettore di detta Accademia; e furono recitate molte belle Composizioni, e v’intervennero tutti li Serenissimi Principi con molta nobiltà”.
Ma col passare dei secoli e il sopraggiungere della modernità, a inizio Novecento il cortile fu usato per parcheggiare l’automobile di Piero Strozzi, la prima che si fosse vista a Firenze, una sei cavalli Panhard-Levassor del modello che aveva vinto la Parigi-Dieppe nel 1897. L’edificio è rimasto della famiglia fino al 1937, quando è stato venduto all’Istituto Nazionale delle Assicurazioni che lo affidò al Comune. In quello stesso anno iniziarono i lavori di restauro, conclusi nel 1940 quando in aprile venne inaugurata da Vittorio Emanuele III la nuova funzione dell’edificio con la grande Mostra del Cinquecento Toscano in Palazzo Strozzi. La Pietà di Palestrina, allora attribuita a Michelangelo e da poco acquistata per la Galleria dell’Accademia, venne collocata nel cortile e fu scelta a simbolo dell’avvenimento.
Sembrava quasi che volesse anche ricordare quello che fu definito «il mostro», cioè «una scala a due rampe che dal centro del cortilerinascimentale si inerpica fino alla loggia del terzo piano», tagliandolo «brutalmente» a metà e ostruendone la percezione, inserita nell’estate del 1983 in previsione della tredicesima Biennale dell’Antiquariato (17 settembre-9 ottobre), quando venne presentata in catalogo come «una grossa sorpresa oltre che una novità». Contro la sua invadenza si levarono, tra le altre, le voci di personalità della cultura come Eugenio Garin, ma anche di riviste patinate quali “Casa Vogue”. La scala antincendio è stata eliminata, ma ha rappresentato per anni un vulnus in uno spazio perfetto, e l’opera di Paola Pivi potrebbe essere stata anche riferimento alle numerose strutture che hanno segnato, e deturpato, il profilo di molti edifici monumentali.
- Sopra il titolo: Carsten Höller, The Florence Experiment Slides, 2018, Foto Attilio Maranzano