MASCAGNI FESTIVAL 2022. La terza edizione inaugurata in Fortezza Vecchia a Livorno da “Pinotta”. La storia del baule dimenticato, la partitura giovanile, la rielaborazione… e dopo novant’anni va finalmente in scena nella città natale. La recensione di Fulvio Venturi
di FULVIO VENTURI
Nel gennaio 1931, mentre si trovava al Teatro alla Scala per una produzione delle “Maschere”, Mascagni si vide recapitare un baule da uno sconosciuto. Quell’uomo era il figlio della proprietaria della casa che Mascagni occupava ai tempi del conservatorio e nel baule, insieme con qualche ricordo diventato ormai cimelio, si trovava anche la partitura di un’operina, “Pinotta“, alla quale Mascagni aveva accudito in vista di un saggio di composizione quasi cinquant’anni prima, nel 1883, ma che poi non aveva presentato al vaglio della commissione, e che, a sua volta era il rifacimento di “In filanda”, il primo lavoro di vaste dimensioni che aveva composto nel 1881 dietro il suggerimento di Alfredo Soffredini, il suo antico insegnante. Tale baule era stato da Mascagni abbandonato nella sua abitazione milanese di Via Ciovasso nel momento in cui aveva lasciato il conservatorio. Rileggendo la musica di “Pinotta“, Mascagni rivide la sua giovinezza d’artista, riassaporò qualche evento e decise di rimettere mano alla partitura. Le lettere del musicista sopra questo argomento sono commoventi. Così scrive ad Anna Lolli durante il periodo di riadattamento della partitura, che andò dall’ottobre 1931 al marzo 1932:
“Il mio spirito è tutto concentrato in questo lavoro e mi pare che tu sia presente sempre, e sempre vicina a me, e mi pare che tu faccia segni di approvazione, quando suono questa piccola cosa. Ancora una volta tu sei la mia Ninfa Egeria: ancora una volta tu sei la mia ispiratrice. Ancora una volta tu sei il mio genio. […] Ripongo molte speranze nell’operina giovanile (Pinotta), e mi sono dedicato a riguardarla bene, a ritoccarla, a correggerla, in modo da darle una veste elegante e fina. È una musica ingenua, ma sincera, sgorgata dal mio cuore e dalla mia mente, quando mi affacciavo alla vita, con tante speranze e con tanti sogni… Io spero che questo piccolo lavoro mi porterà un poco di fortuna. E ti dico, anima mia, che, se verrà eseguita da artisti di sentimento e da una massa corale squisita, questa piccola musica commuoverà e piacerà. Ci lavoro giorno e notte.”
Così “Pinotta” vide la luce del palcoscenico. Il soggetto è lineare, scarno: l’amore di due operai adolescenti che si conoscono, appunto, in una filanda lombarda. L’ambientazione è addirittura proto-verista, scapigliata, quella della Milano che Mascagni conobbe quando arrivò in conservatorio. Niente manca per fare tenerezza, la giovane età dei due protagonisti, la comune condizione di operai, la timidezza di entrambi, il primo bacio alla luce delle stelle. Vi sono persino alcuni accenni al sovrannaturale con le voci degli Zeffiri e un Coro di Filatrici dal sapore vagamente arcano, fatalistico. Né Mascagni si curò poi di nascondere la duplice natura cronologica di “Pinotta“, lasciando quasi in evidenza le parti nuove, nelle quali risuonano echi di “Lodoletta” e del “Piccolo Marat”, accanto a quelle preesistenti ove brillavano, è il caso di dirlo, la preghiera che già era stata in “In Filanda”, il riversamento di alcune romanze da salotto, fra le quali “La tua stella”, che darà un involo insolito al tenerissimo finale e l’interessante recupero del rispetto toscano (“La mamma mia che poveretta è in Cielo”) e del madrigale (l’ampio svolazzo tenorile della frase “l’astro dardeggia e la tua fronte bella risplende di novissimo fulgore”). E come avverrà per il successivo “Nerone”, titolo estremo del catalogo mascagnano, la convivenza di due stili renderà l’opera senza tempo.
“Pinotta” fu quindi rappresentata il 23 marzo 1932 sul palcoscenico dell’elegante Teatro del Casino di San Remo, una cornice adattissima all’endemico intimismo dell’idillio, con Mascagni sul podio. Il conseguente successo schiuse a “Pinotta” la via per altri teatri, ma non per quello di Livorno. Il 1932 fu anno di scaramucce fra Mascagni e la città natale, così di allestire “Pinotta“, a Livorno, non si parlò proprio. Poi giunse anche l’oblio. Solo nel 2002, a Collesalvetti, si è avuta la prima rappresentazione di “Pinotta” sul territorio livornese e solo adesso a Livorno città, come inaugurazione del Mascagni Festival 2022, rassegna giunta alla sua terza edizione.
La serata ha avuto un prologo ottimamente riuscito con l’esecuzione di cinque romanze da salotto orchestrate con raffinatezza strumentale da Oliviero Lacagnina, alle quali è stata aggiunta la spuria “Ave Maria” sull’intermezzo di “Cavalleria rusticana”. Nel breve intervallo fra la parte concertistica e la rappresentazione dell’opera, il critico musicale Giovanni Gavazzeni si è prodotto in una brillante prolusione rievocando la genesi di “Pinotta“, intrecciandola con i ricordi personali del nonno, il celebre direttore d’orchestra e luminescente mascagnano Gianandrea Gavazzeni.
Per quello che riguarda l’esecuzione il Mascagni Festival ha scelto la felice e smitizzante via dei giovani esecutori.
La regista Giulia Bonghi, che ha firmato anche scene e costumi, ha optato per inserire “Pinotta” in un contesto artistico e politico tipico degli Anni Trenta, con elementi scenici ispirati dalle Piazze d’Italia di De Chirico e figuranti in look da fascista a compiere ogni genere di nefandezze. Si taglia in questo modo il cordone che lega “Pinotta” alla Scapigliatura Lombarda e al mondo operaio, ma comunque è una lettura. Bisogna anche dire che lo spazio scenico era oggettivamente angusto e non ha facilitato il lavoro della regista. Assistente ai costumi Desiré Costanzo, realizzazione delle scene Fondazione Goldoni, progetto luci Genti Shtjefni e Michele Rombolini. Interamente composto dai vincitori del Concorso internazionale Voci Mascagnane e dai solisti della Mascagni Academy 2022, il cast della prima parte ha messo in evidenza la nitida linea di canto di Giorgia Teodoro (che ha aperto la serata con la Serenata del 1894 sui versi di Stecchetti e ha interpretato l’Ave Maria sull’intermezzo di Cavalleria rusticana), il calore del baritono Jungmin Kim (Stornelli marini e La tua stella) e l’impegno di Arianna Cimolin (che si è misurata con la spiritosa “M’ama, non m’ama” e la cupa “La Luna”).
In “Pinotta” ottimo l’Andrea di Gangsoon Kim e buona voce ha dispiegato l’estroversa Ling Qi come protagonista. Il tenore Xuenan Liu alle prese con la parte di Baldo, che è breve ma difficilissima anche dal lato musicale, se l’è cavata con onore dimostrando applicazione e complessiva tenuta. Il coro che spesso in “Pinotta” ha valenza protagonistica era quello della Fondazione Goldoni sotto la guida di Maurizio Preziosi e i Tre Zeffiri sono stati affidati a Giulia Semplicini, Letizia De Cesari e Diana Turtoi. Mimi: Valentina Lorenzelli e André Egas Gouveia Fournier.
Il maestro Francesco Di Mauro ha diretto con attenzione, facendo risaltare la preziosità melodico-timbrica della parte concertistica e la dinamica di “Pinotta“, questa piccola partitura semplice solo in apparenza. Ottima l’Orchestra della Fondazione Teatro Goldoni, che univa prime parti di assoluto valore ed esperienza con giovani di buona prospettiva. Un plauso infine merita il personale del Teatro Goldoni per intero, dagli addetti alla scena alla biglietteria, dall’ufficio stampa ai correttori delle parti musicali, dai maestri sostituti agli steward e alle hostess, per l’impegno profuso, sottolineando che la “Fortezza Vecchia” è una locazione certamente ricca di fascino, ma non esattamente teatrale.
E gli applausi alla fine sono stati prolungati e copiosi, molti minuti, molte chiamate. Riprova che il Mascagni Festival è amato e seguito anche nelle proposte non proprio popolari.
In un clima decisamente più rilassato “Pinotta” è tornata in scena la sera del 10 luglio preceduta dal concerto delle arie da salotto. Rebecca Pieri, Ling Qi e Gangsoon Kim hanno interpretato le pagine sciolte, mentre Miryam Marcone, Xuenan Liu e Stavros Mantis hanno dato parvenza a Pinotta, Baldo e Andrea. Invariati gli Zeffiri. La minore pressione ha esteso benefici effetti su tutta l’esecuzione, coro incluso. Ling Qi ha confermato l’ottima impressione data la sera precedente, Miryam Marcone in “Pinotta” ha cantato in modo raccolto ed elegante, così come Stavros Mantis è stato del tutto convincente, sia per voce che per carisma nei panni di Andrea; lo stesso Xuenan Liu, infine, si è affrancato dalle indecisioni della sera precedente. Veramente molto bene l’orchestra della Fondazione Goldoni condotta dall’ordinato maestro Francesco Di Mauro. Pubblico folto e plaudente anche per questa seconda serata, con presenze da diverse parti della Toscana e giusta soddisfazione del Direttore Artistico del Festival, Marco Voleri.