“Lucia di Lammermoor” al Comunale di Bologna: l’entusiasmo del direttore Mariotti e la voce di Markus Werba
di FULVIO VENTURI –
“Lucia di Lammermoor” è tornata al Comunale di Bologna. Festa grande per il colto e l’inclita, ma anche segno che quanto una volta era pertinenza di teatri grandi e piccoli, delle città come dei paesi e si rappresentava regolarmente, oggi assume l’aspetto dell’evento. Questo, se consente adeguate riletture e scevera certe partiture dalle incrostazioni delle tradizioni e della routine, focalizza anche l’attenzione su quello che era ed oggi non è più riguardo la facilità di trovare interpreti per un certo tipo di repertorio.
Questa “Lucia” bolognese affidava la parte scenica alla esperienza ed alla cultura registica di Lorenzo Mariani con le scene di Maurizio Balò, i costumi di Silvia Aymonino, le luci di Linus Fellborn. Come dire, andiamo sul sicuro. Abbiamo infatti notato qualche raffinatezza nei riferimenti pittorici (a John Everett Millais, nella foto grande sopra il titolo particolare della tela “Lucy Ashton and Raverswood”, 1878) che hanno guidato il lavoro di Mariani, nei toni verdi dei costumi della Aymonino che si ritrovavano nei fondali, nella restituzione di uno spleen tutto scozzese in alcuni cenni al paesaggio ed alle piogge, nel rispetto di una tinta notturna, lunare, che non solo pervade la vicenda, ma si avverte nello spartito. Quindi il puntuale richiamo al sangue, imprescindibile in “Lucia”. Osservazioni che complessivamente hanno fatto passare in secondo piano qualche eccesso di verità, i fatti cruenti che diventano macellazione, o le violenze del fratello su Lucia che sfogano nello stupro, ma niente scandali. Dei vizi privati della società ottocentesca dove si è trasportata la vicenda, è piena la letteratura. Niente di veramente memorabile, a parte forse i bei costumi “virili” di Enrico Ashton, ma sicuramente molto funzionale.
Per la musica, abbiamo apprezzato molto l’entusiasmo e la comunicativa di Michele Mariotti, ormai il vero beniamino del pubblico bolognese. In tutta sincerità, peraltro, non abbiamo totalmente afferrato, trattandosi di uno spartito come “Lucia”, il costante richiamo a dinamiche estreme che talvolta contrastano con il flusso melodico donizettiano. Tutto sommato siamo nel 1835, non nel 1915. Detto questo è da lodare in Michele Mariotti (nella foto a destra, al centro dell’immagine) l’entusiasmo, la partecipazione emotiva e il polso che dimostra di possedere nelle situazioni sceniche popolate.
Markus Werba è un eccellente Enrico, che domina senza problemi la tessitura non sempre elementare della sua parte, alla luce di un timbro chiaro e di una voce “lunga”, ben sostenuta tecnicamente. L’interprete risulta troppo concitato in qualche passo e forse non solo per imposizione registica. Il basso Evgenij Stavinsky ha cantato indisposto e la direzione del teatro ha lui rivolto pubblico ringraziamento.
Non stava benissimo neppure la bella Irina Lungu (nella foto a sinistra) che rientrava dopo uno stop per indisposizione nella recita precedente. Ha affrontato la sua parte irta di difficoltà e di fantasmi con la professionalità e la preparazione che le sono consuete, ma non abbiato ritrovato nella prestazione di giovedì 22 giugno 2017 il fascino dei pur recentissimi “Puritani” modenesi. Stefan Pop era Sir Edgardo di Ravenswood. Fisico e voce che ricordano quelle del giovane Merritt. E generosità, fraseggio spesso incandescente, baldanza, coraggio. Una bella recita, ma attenzione a certe “sbiancature” quando la tessitura coinvolge passaggio e primi acuti. Elena Traversi, Gianluca Floris e Alessandro Luciano completavano il cast. Bene il coro con la direzione del Maestro Andrea Faidutti, orchestra non sempre irreprensibile. Ottimo
tuttavia il flauto nella “pazzia”.
Successo caldo e talvolta sovrabbondante come i quasi quaranta gradi di temperatura che attanagliavano le auguste mura del Teatro Comunale.
- (“Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti replica al teatro Comunale di Bologna domenica 25 giugno 2017, ore 15.30)
2 comments
Grazie
Lascia stupefatti la minuziosità dell’analisi in questa recensione.
Ancora una volta la competenza non è acqua.
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