Giancarlo Cauteruccio torna in scena a Firenze con “L’ultimo nastro di Krapp” e “Fame, mi fa fame”

Giancarlo Cauteruccio torna in scena a Firenze con due assoli al Teatro Niccolini. I titolo sono L’ULTIMO NASTRO DI KRAPP di Samuel Beckett e  FAME, MI FA FAME.

Dal 7 al 9 dicembre 2021, ore 19.30
L’ULTIMO NASTRO DI KRAPP

di Samuel Beckett / traduzione di Carlo Fruttero

diretto e interpretato da Giancarlo Cauteruccio

Compagnia Teatro Studio Krypton

In accordo con Arcadia & Ricono Ltd
per gentile concessione di The Estate of Samuel Beckett e Curtis Brown Group Limite

Con L’ultimo nastro di Krapp Giancarlo Cauteruccio torna a Samuel Beckett, il suo autore più amato, e al suo testo guida, affrontato con successo in veste di attore e regista in due precedenti e fortunate edizioni. Raggiunti i 65 anni Giancarlo Cauteruccio, in perfetta coincidenza con l’età del protagonista della pièce, rientra nei panni del vecchio scrittore fallito Krapp ed esplora nuovamente quella drammaturgia del 1958, sublime e struggente, fatta di solitudine, silenzio, attesa e deriva, elementi che negli anni hanno invaso concretamente il suo corpo e la sua anima. Krapp, l‘inesorabile mangiatore di banane e instancabile ascoltatore della sua voce registrata, rintanato nel buio della sua stanza in compagnia di un magnetofono e un numero cospicuo di bobine ben ordinate, compie un viaggio nel suo passato. Ma quel viaggio nel passato, catalogato con cura su nastri registrati a ciascun compleanno per recuperare quel sé stesso giovane, è comunque destinato a fallire. Alla fine Krapp rinuncia a registrare, rinuncia ad ascoltarsi: la voce diventa silenzio, il movimento si raggela in immobilità; consapevolmente si adegua alla disfatta. Nel 2004, per l’interpretazione del monologo, Cauteruccio entra nella terna finale del Premio UBU come miglior attore protagonista e nel 2006, per il Trittico Beckettiano, riceve il Premio alla regia dell’Associazione Critici di Teatro al Teatro Argentina di Roma.

Dal programma di sala 

estratto del testo di Laura Visconti su L’ultimo Nastro di Krapp

Scritto nel 1957 e interpretato da Patrick Magee al Royal Court di Londra, questo atto unico mette in scena un solo personaggio, un grande frequentatore dei luoghi della memoria.

Il vecchio Krapp, rintanato nella sua stanza in compagnia di un registratore e un numero cospicuo di scatole ben ordinate, sperimenta un viaggio in un altrove temporale, il suo passato. E’ concentrato sul mezzo meccanico che può permettergli tale fuga a ritroso: ha infatti conservato e catalogato con cura e meticolosità tanti nastri da lui stesso registrati ogni compleanno, per tramandare brandelli significativi di vita e di esperienza, condensate in un racconto sintetico, benché “ispirato”. Ma nemmeno questo raffinato strumento della memoria può funzionare.

Il tentativo escogitato da Krapp per recuperare quella creatura di un tempo, il se stesso giovane, si fa sempre più inefficiente e non bastano ormai quegli ancoraggi e appigli che aveva inventato tanto tempo prima. Egli ascolta la sua stessa voce emergere dal passato, interrompendo proprio quella continuità, che rende la frase dotata di senso, con commenti derisori, oppure ripete segmenti di ciò che ascolta con ironia, rivelando tutta la sua disillusione. Il nastro rimanda infatti una voce che narra eventi ormai incomprensibili, mentre i relativi libri-indici-registri, risultano altrettanto privi di valore e di significato. La distanza tra il vecchio e il se stesso giovane è diventata definitiva. La continuità tra presente e passato è irrimediabilmente distrutta. Alla fine Krapp rinuncia ad ascoltare se stesso: la voce si scioglie in silenzio, il movimento si raggela in immobilità. Con Krapp Beckett ci offre uno dei suoi personaggi tipo, e una situazione a lui consueta. Da sempre, in veste di raffinata, estenuata letterarietà figure tradizionalmente popolari come il comico del cinema muto e del cabaret, o il clown, con il gusto per lo spirito e le gags del circo: un personaggio triste e ridanciano insieme, ironico e autoironico, spesso con venature patetiche, sentimentali, struggenti. E insieme rappresenta la situazione di scacco, di disfatta alla quale il personaggio si adegua consapevole: un personaggio che man mano si svincola da gesti, azioni insensate dettate solo dall’abitudine. Ma nel quadro paradossale che Beckett riesce sempre a creare, la disfatta potrebbe anche rivelarsi come la rivincita del personaggio liberato dall’abitudine e dalla memoria volontaria, a favore forse della memoria involontaria, l’”illuminazione” di marca proustiana, l’unica che Beckett aveva definito degna di essere sperimentata. Lo scacco del personaggio è anche lo scacco e il fallimento al quale l’artista deve sottostare, come Beckett aveva teorizzato tanto tempo prima: l’arte è fallimento e l’unica possibilità per l’arte è la rappresentazione del fallimento. 

10 e 11 dicembre 2021, ore 19.30
12dicembre 2021, ore 16.00

FAME, MI FA FAME

scritto, diretto e interpretato da Giancarlo Cauteruccio
assistente alla regia Massimo Bevilacqua
riprese e elaborazioni video Stefano Fomasi
Compagnia Teatro Studio Krypton

 

FAME – mi fa fame prende corpo da Panza, Crianza, Ricordanza, poemetto in dialetto calabrese scritto nel 2009 da Giancarlo Cauteruccio (edizioni della Meridiana). La sua fame, condizione disperante, rifugio, luogo poetico e creativo ad un tempo, diviene occasione di dirompente denuncia contro l’orrore. Un lavoro della memoria sulla memoria, sulla fame onnivora che tutto ricorda, dove nulla è suo ma tutto le appartiene. Solo in scena, affiancato dai suoi fantasmi e dai suoi sensi, il regista/attore con i suoi versi affronta lo smembrarsi del tempo, dei fatti, dei luoghi portando su di sé i segni della sua condizione di ammalato di fame insaziabile e affidando alla sua lingua madre questa nuova messa in gioco di tutto il suo corpo, poetico, fisico, teatrale. Versi che si situano nelle pieghe, nelle differenze, nelle disparità, nella vecchia dicotomia di un occidente troppo grasso per pensare, dalla mente poco sgombra, e di un oriente produttore di saperi e figure sottili, vittima di una fame senza rimedio. FAME, mi fa fame è un lamento, un grido che lentamente si fa poesia per raccontare la guerra del cibo, la guerra dei ricchi e dei poveri, attraversando l’immaginario letterario e artistico medievale e rinascimentale (paese di cuccagna, guerra di quaresima e carnevale) e le opere di Artaud, Celine e Hamsun. Giancarlo Cauteruccio qui prende con sé tutto il dolore di chi mette in gioco la propria carne nella propria carne, amplificando l’ambiguità di una condizione disperante e tragica. Ne fa urlo, strepito, canto, un canto che si leva sui conflitti del mondo pur rimanendo nel mondo, opponendosi all’orrore quotidiano che è solo una ripetizione di quello trascorso, della guerra che è sempre la stessa, della distruttività umana inalterata nel tempo. I suoi versi esaltano il paradiso possibile di un ritrovato equilibrio con la natura da cui egli preleva gli elementi semplici, come quelli evocati dalle ricette culinarie della sua terra, come la sua lingua, ristoro, risorsa e piacere. 

Un’alchimia di suoni e sapori da contrapporre al puzzo mefitico di infera memoria che uccide la natura corrompendone la bellezza.

Info e biglietteria     

Teatro Niccolini Via Ricasoli, 3/5 – 50122 Firenze |055 094 6404 

www.teatroniccolini.com     info@teatroniccolini.com

Biglietti            25€ platea, 18 € palchi I e II ordine, 15 € palchi III ordine e galleria

acquistabili su ticketone.it, nei punti vendita Boxoffice Toscana oppure alla biglietteria del Teatro Niccolini un’ora prima dell’inizio degli spettacoli