Francesco Cangiullo, futurista da riscoprire, artista poliedrico e funambolo della parola. Livorno, sua città d’adozione, gli dedica una mostra dal 13 aprile al 9 giugno
Livorno apre la prima mostra dedicata alla parabola artistica di Francesco Cangiullo , futurista della prima ora tutto da riscoprire. Dal 13 aprile al 9 giugno 2019 la Biblioteca Labronica “Francesco Domenico Guerrazzi” di Villa Fabbricotti ospiterà infatti la mostra “Cangiullo, futurista dissidente” curata da Veronica Carpita ed organizzata in collaborazione con la cooperativa Itinera.
In esposizione manoscritti, lettere, foto, partiture, edizioni rare di questo artista poliedrico nato a Napoli, ma livornese d’azione; a Livorno soggiornò a lungo fino alla morte (Napoli 1884- Livorno 1977). Una mostra particolare – l’hanno definita gli stessi organizzatori – proprio perché riunisce tanto materiale artistico (proveniente in gran parte da collezioni private) che testimonia il genio creativo di Cangiullo: poeta, musicista, scrittore, pittore.
“Un personaggio estremamente poliedrico – ha detto l’assessore Francesco Belais – un funambolo della parola che ha scelto di vivere e creare nella nostra città, da lui considerata un prolungamento di Napoli, una città dai tramonti meravigliosi”.
La mostra sarà accompagnata da percorsi guidati, intermezzi musicali, performance teatrali e conferenze intorno alla figura di questo uomo colto e brillante. Previste anche aperture straordinarie domenicali.
Info: la mostra (ad ingresso gratuito) sarà inaugurata il 13 aprile 2019 alle ore 17,30 . All’inaugurazione interverrà l’Istituto Mascagni che eseguirà alcune composizioni di Francesco Cangiullo mentre per la chiusura (9 giugno) è previsto un intervento teatrale di Simonetta Del Cittadino. Verrà offerto un aperitivo futurista . Il 5 Maggio in programma la presentazione del catalogo e una tavola rotonda di approfondimento sulla figura dell’artista .
Orario di apertura : lun-ven 9,00-19,00 sabato 9,00-13,00
Aperture straordinarie domenicali il: 5 e il 19 Maggio e 9 Giugno con orario 17,00-19,00
L’APPROFONDIMENTO
Considerato da Marinetti “primo e altissimo poeta napoletano”, Francesco Cangiullo (Napoli 1884-Livorno 1977) è un futurista della prima ora tutto da riscoprire. Inventore delle Lettere umanizzate e del Teatro della Sorpresa, è stato apprezzato e ampiamente ripreso dai più noti esponenti delle avanguardie europee. Tuttavia la sua volontaria uscita dal Futurismo nel 1924 non gli consentì di riscuotere la fama e il successo meritati.
La mostra allestita a Livorno indaga per la prima volta la parabola artistica di Cangiullo dagli anni della giovinezza napoletana, all’epoca della sua adesione al Futurismo fino al lungo periodo trascorso a Livorno dove, ormai molto anziano, Cangiullo è l’ultimo, prezioso testimone di quella lontana e feconda stagione artistica.
Nato a Chiaia nel 1884, Cangiullo conosce Marinetti nell’aprile del 1910, in occasione della Serata futurista napoletana al Teatro Mercadante. Entusiasta degli ideali sovvertitori del movimento contro la società passatista, entra nel Futurismo e fino al 1924, anno della sua volontaria uscita, è uno degli innovatori più autentici della poesia e del teatro.
Uomo colto e brillante, Cangiullo riversa il suo felice estro creativo e la sua giocosa coerenza sperimentale nell’invenzione delle lettere umanizzate, dell’alfabeto a sorpresa e della poesia pentagrammata. Insieme a Marinetti fu il solo poeta italiano a comparire nel numero unico della rivista Dada “Cabaret Voltaire” pubblicato a Zurigo nel 1916. Nei dodici anni della sua adesione al movimento, Cangiullo fu attivissimo organizzatore e insostituibile promotore a fianco di Marinetti: scrive romanzi, pubblica articoli e poesie visive in quotidiani e riviste futuriste come “Lacerba”, lavora alla coreografia “Il giardino zoologico” per i balletti russi di Diaghilev con costumi di Depero (mai andato in scena), espone nelle mostre futuriste in Italia e in Europa, scrive il manifesto del Mobilio futurista, collabora con Ettore Petrolini, e insieme a Marinetti crea il “Teatro della Sorpresa”, il più riuscito esempio di scrittura scenica teatrale dell’avanguardia italiana.
Nel 1924 Cangiullo esce dal movimento Futurista. Non ne condivide l’anima ideologica che prende il sopravvento su quella poetica e che avvicina il futurismo al fascismo. Si chiude nel mondo rassicurante della sua Napoli, si dedica all’attività di giornalista, romanziere e pittore, e comincia a elaborare le memorie degli anni furenti del primo futurismo. Con i primi anni Venti, Cangiullo ritiene conclusa l’avventura del movimento: quelli arrivati dopo, scrive, hanno fumato “le cicche liriche che noi buttammo là”. Da quel momento, con grande coerenza, decide di vestire i panni del passatista e di non produrre più opere futuriste per non fare il verso a se stesso.
Terminato il conflitto mondiale, durante il quale i bombardamenti distruggono la sua casa, Cangiullo lascia Napoli dove non farà più ritorno: nel 1956 alla Galleria “Blu di Prussia” mette in vendita gran parte delle opere e delle pubblicazioni del suo periodo futurista e si trasferisce con la famiglia a Roma. Dopo poco, da solo, parte per Livorno dove continua la sua attività di giornalista per la pagina culturale de “Il Tempo” e coltiva la sua passione per la pittura. Nelle sue camere-atelier all’Hotel Palazzo che affacciano sul lungomare, realizza innumerevoli tavolette in uno stile figurativo che riprende a piene mani la pittura della Belle Époque parigina, in un deliberato, melanconico abbandono al passatismo.
Nella città labronica che tanto gli ricorda Napoli, raduna intorno a sé una rete di intellettuali, giornalisti e artisti, tra i quali Luciano Caruso, Paolo Belforte e Georges de Canino. Cangiullo è l’unico testimone vivente del primo, più autentico, Futurismo e, incurante delle contrapposizioni ideologiche, diventa il pioniere della riscoperta e rivalutazione storiografica di quella prima avanguardia europea.
Negli anni Sessanta, Cangiullo coltiva in varie forme il suo amore per il teatro: scrive sceneggiature anche per il cinema, ispira Paolo Poli in uno spettacolo da una pièce di Marinetti e porta in scena nel 1968 al Centro Artistico Il Grattacielo la sua ultima commedia, “La cura delle Rose”. In quegli stessi anni conosce Mena Joimo con la quale stringerà un’intensa amicizia: Mena diventa sua allieva e modella, e assiste l’ormai anziano maestro nella propria casa, dove si spegne il 22 luglio 1977.
In mostra manoscritti, lettere, foto, partiture, edizioni rare e pubblicazioni d’epoca contorneranno dipinti, disegni e collage degli anni livornesi nonché alcune, preziose, testimonianze grafiche e pittoriche del periodo futurista scampate alle dispersioni collezionistiche e alla distruzione della casa napoletana di Cangiullo. In occasione della mostra è stato realizzato un documentario inedito, proiettato nel percorso espositivo.