Eleganze del Settecento europeo: abiti, scarpe, accessori, stoffe preziose e opere d’arte. Cento pezzi in mostra al Museo del Tessuto di Prato
Un viaggio nello stile e nel gusto della cultura artistica del Settecento. Un viaggio nella bellezza e non solo, che viene raccontato attraverso le pagine di un diario fatto di tessuti, arti decorative e moda. Il percorso durerà quasi un anno, perché la mostra che apre a Prato, al Museo del Tessuto, domenica 14 maggio 2017, resterà aperta fino al 29 aprile del 2018. Si intitola “Il capriccio e la ragione. Eleganze del Settecento europeo” e mostrerà al pubblico oltre cento reperti capaci di dare una visione complessiva di tutti gli stili che anno attraversato il XVIII secolo, ovvero bizarre, chinoiserie, dentellai, revel sono per citare alcuni esempi della produzione artistica settecentesca, venendo così a creare un costante dialogo sia con i capi di abbigliamento e gli accessori moda, sia con gli altri elementi di arredo. Per questo la mostra pratese di avvale della prestigiosa collaborazione del Museo della moda e del costume delle Gallerie degli Uffizi, del Museo Stibbert di Frenze, del Museo Studio del Tessuto della Fondazione Antoni Ratti di Como, ma anche di altre istituzioni sia pubbliche che private.
La presentazione ufficiale della mostra è avvenuta la mattina di venerdì 12 maggio 2017. Dopo un saluto di Filippo Guarini, direttore del Museo Del Tessuto, ha preso la parola Francesco Nicola Marini, presidente della Fondazione Museo Del Tessuto che ha sottolineato la vocazione del distretto tessile pratese, ancora (nonostante le crisi) il più grande d’Europa e il lavoro del museo stesso che oltre alla vocazione tessile guarda con sempre più attenzione al mondo della moda, espressioni entrambe di creatività, ma anche importanti volani economici. Cultura, creatività, lavoro, competenze, eccellenze. E una rete di musei per raccontare importanti frammenti di storia, per questo è importante un accordo recente con le Gallerie degli Uffizi il cui direttore, Eike Schmidt, ha brevemente introdotto l’importanza della nuova mostra pratese, che precede di un mese l’inaugurazione dell’esposizione sull’effimero della moda che sarà inaugurata a Firenze (in concomitanza con Pitti Uomo) nella Galleria che si andrà a chiamare definitivamente della Moda e del Costume. È quindi intervenuto Enrico Colle sovrintendente del Museo Stibbert che ha fornito alcuni importanti reperti del proprio archivio dove, oltre alle collezioni di armi, ci sono interessanti pezzi legati alla moda e al costume. Fra gli interventi anche quello dell’assessore alla cultura del Comune di Prato, Simone Mangani, e di Daniela Degl’Innocenti conservatrice del Museo del Tessuto e curatrice della mostra che dà un ampio sguardo a tutti quei cambiamenti della società, del costume e della moda a livello europeo nel corso del XVIII secolo.
Dal Museo della moda e del costume degli Uffizi arrivano così i capi di abbigliamento, dal Museo Studio Ratti i preziosi tessuti in seta che dialogano con i gilet e le pregiate porcellane dello Stibbert. Ci sono poi le calzature d’epoca del Museo Salvatore Ferragamo di Firenze, i dipinti provenienti dal Museo del Palazzo Pretorio di Prato (ma anche dalle gallerie antiquarie fiorentine Antonio Esposito, Collezione Giovanni Pratesi e Tornabuoni Arte), alcuni volumi della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
L’esotismo. Nella prima parte dell’esposizione – come è ben spiegato che nelle schede della mostra – i temi riguardano l’esotismo, un contenuto importante che trae origine nel XVII secolo per effetto delle nuove conoscenze geografiche dovute ai traffici commerciali e all’azione delle missioni degli ordini religiosi nelle parti più estreme dell’Oriente, che portano all’attenzione di un vasto pubblico beni di lusso e di consumo che generano interesse e curiosità per le loro particolari e raffinate caratteristiche. Lacche, porcellane, tessuti, dipinti su carta esprimono infatti linguaggi artistici che giocano su parametri compositivi ed estetici differenti da quelli maturati dalla tradizione europea e, pertanto, ricercati per la loro stravaganza e originalità. I soggetti, la composizione delle scene e l’inattesa palette cromatica determinano una profonda trasformazione del gusto verso l’esotismo che ricade sulle produzioni delle maggiori manifatture europee, coinvolgendo principalmente la produzione di beni di lusso. Questo nuovo flusso di idee alimenta in primis l’attività delle manifatture francesi che, a fine Seicento, vivono una stagione prolifica grazie alle riforme apportate dal governo di Luigi XIV. La Francia è la prima nazione in Europa che innesca una filiera organizzata di saperi che si declinano in tutti i settori delle arti. Artisti come Charles Le Brun, Antoine Watteau, Jean Berain, François Boucher dedicano parte dell’attività creativa alla progettazione di ornati e impianti decorativi per tessuti, decorazioni pittoriche, argenterie che mediano l’ordine compositivo tradizionale con temi e forme della cultura orientale.
Dallo stile Bizarre, al Revel, al Dentelles. La prima parte del Settecento tessile parla un francese ridondante, rococò che accosta temi mutuati dalla natura (fiori, frutta, conchiglie, cartigli, paesaggi) al repertorio esotico, fino a citare l’appassionata façon del merletto che infiamma la moda del periodo. Un’estetica che si avvantaggia di un’altissima competenza tecnica che consente non solo di tradurre il dato pittorico in tessitura, ma che lavora ad arricchire i fondali monocromi su cui s’impongono gli ornati con “controfondi” che disegnato effetti minuti e preziosi. A metà secolo le proposte sfarzose promosse dalla corte francese iniziano a convivere e poi a cedere il posto ad una rinnovata attenzione all’ornato studiato sulle proporzioni degli antichi esempi. Un elemento sostanziale che genera un cambiamento di direzione nel gusto è l’avvio di campagne archeologiche, rese note al grande pubblico tramite un’editoria dedicata che documenta i resti architettonici e gli arredi mobili rinvenuti negli scavi. Il tema delle “rovine”, inizialmente rappresentato in chiave documentaria, si dispiega in un genere carico di suggestioni emotive interpretate da scene di genere con soggetti popolari che descrivono un nuovo rapporto tra natura, umanità e arte. L’idea classicista, pertanto, accoglie e valorizza contenuti che declinano in valori etici, sociali e politici.
La rarefazione degli ornati, nell’ultimo quarto del secolo, si accentua di pari passo al diffondersi del pensiero razionalista. Alla fine del secolo, pertanto, la riga regimenta le strutture decorative dei tessuti fino a vanificarsi a favore del monocromo. Ecco, quindi, che una nuova palette cromatica interviene a favore dell’estetica neoclassica: bianco, rosa pallido, verde acqua, celeste, giallo chiaro restituiti in toni velati. I colori appaiono sbiaditi dal tempo, imbiancati dalla polvere dei secoli. (Elisabetta Arrighi)