Il Belcanto di Michael Spyres
Michael Spyres è uno dei tenori più apprezzati di questi ultimi anni. Nato negli Ozarks e perfezionatosi a Vienna, Spyres (nella foto grande) è un cantante molto versatile e nel suo repertorio figurano titoli disparati, dagli elegantissimi “Contes d’Hoffmann” alla ardente “Damnation de Faust”, dalla spericolata “Muette de Portici” all’affascinante “Candide”, tanto da toccare il periodo classico come quello moderno, ed è prossimo al debutto in “Carmen” e “Les Troyens”, ma è soprattutto al Belcanto più puro che egli si dedica con gran successo. E proprio nell’ambito del Belcanto Festival, uno dei fiori all’occhiello dell’Opera di Firenze, che si è esibito in una serata dedicata al tenore Andrea Nozzari, uno dei cantanti più rappresentativi dell’età rossiniana. Nato nel 1776 a Vertova (Bergamo)e scomparso nel 1832, Nozzari, oltre ad aver tenuto a battesimo opere di Mayr, Morlacchi, Pacini, Vaccai e Mercadante, fu molto apprezzato da Gioachino Rossini e “creatore” di numerose opere del pesarese, fra le quali ricordiamo “Armida” (Rinaldo), “Mosè in Egitto” (Osiride), “Ricciardo e Zoraide” (Agorante), “Ermione” (Pirro), “La donna del lago” (Rodrigo), e soprattutto “Otello”, di cui fu interprete primo ed insuperato.
Ora, diciamola tutta e subito, se nessuno può dire oggi con esattezza come cantasse Andrea Nozzari, con quale patetismo, con quale timbro, con quale partecipazione emotiva, Michael Spyres nell’affrontare nel volgere di una serata l’acme del repertorio appartenuto al tenore bergamasco ha compiuto un’impresa titanica e memorabile. Otto arie, quasi tutte tripartite, tratte da “Otello”, “Zelmira”, “Ermione”, “Elisabetta, regina d’Inghilterra”, “La donna del lago”, “Ricciardo e Zoraide” (Rossini), “Alessandro nell’Indie” (Pacini), “Medea in Corinto” (Mayr), come forse Nozzari stesso mai fece nella sua dorata carriera.
Spyres si è mosso fra le infinite difficoltà di quelle arie con disarmante calma e naturalezza, affrontando da vero virtuoso sia le asperità date dalla tessitura dei brani, quanto le dinamiche espressive e gli accenti con una sorprendente varietà interpretativa che addirittura si è fatta più evidente nelle arie conclusive della serata, vale a dire quando un minimo di stanchezza sarebbe parso umano. E tutto senza il minimo accenno di divismo, di esibizione, di gratuito sfoggio.
Ha contribuito in modo determinate alla riuscita della serata l’Orchestra del Maggio che sotto la guida entusiastica e competente del maestro David Parry (foto sopra a sinistra), ha dimostrato nitore ed ottima condizione, così come il coro diretto dal maestro Lorenzo Fratini. Successo incandescente con meritati applausi “da stadio” che nella loro fragrante compostezza non guastano mai. (fulvio venturi)