Ariadne auf Naxos al Comunale di Bologna. Direzione fantastica di Juraj Valčhua, orchestra smagliante, ottimo cast canoro con le voci femminili a livello di eccellenza. La recensione di Fulvio Venturi
di FULVIO VENTURI
Ariadne auf Naxos è talmente raffinata e cerebrale, complessa e trascinante che è persino difficile scriverne, trattondosi della recensione di una messa in scena. Si potrebbe iniziare dalla versione scelta e partirebbero una cinquantina di pagine a stare stringati. Ariadne infatti nacque nel 1912 come musica di scena (e già lì) del Bourgeois Gentilhomme di Molière. La durata inumana dell’operazione, circa sei ore, indusse Strauss ad un ampio rifacimento. Hofmannsthal non la prese bene, ma dal 1916 abbiamo il capolavoro che abbiamo, non un mattone da rispolverare ogni tanto.
Qui a Bologna (Teatro Comunale, ndr) è stata scelta, tout-court, l’Ariadne 1916. E molto si potrebbe dire sulla svelatissima simbologia dell’opera, ove il Compositore è per larghi tratti lo stesso Strauss degli anni giovanili, il Maestro di Musica è il rassicurante ideatore, ovvero una proiezione di Hofmannsthal, ed il Maggiordomo un direttore di teatro prono ai dettami della committenza. Roba da studio monografico.
Poi si può iniziare dall’allestimento, dalla resa musicale, dal direttore, dal regista, o dalle memorie dello spettatore scrivente che nel mio caso, essendo bello vecchiotto (qualche giorno fa, da persona carissima e quasi nonagenaria, mi sono sentito dire “anche tu non sei mica più un bimbetto” e aveva ragione) sono belle cospicue.
Allora inizierò col dire che Juraj Valčhua ha diretto in modo fantastico e che l’orchestra era in uno smagliante stato di forma. Ottimo anche il cast canoro con le donne a livello di eccellenza. Splendido il Compositore di Victoria Karkacheva, giovane cantante russa di Volgograd recentemente postasi in evidenza in importanti competizioni internazionali come Operalia, nel cui ambito ha conseguito il Premio Birgit Nilsson nel 2021; elegante, lieve come una piuma, intonata la Zerbinetta di Olga Pudova; assorta, composta e al tempo stesso molto partecipe con una incisiva presenza di suono la Primadonna (Ariadne) di Dorothea Röschmann e molto bene le tre ninfe, Najade, Driade ed Eco, interpretate da Nofar Yacobi, Adriana Di Paola (dalle belle sonorità scure) e Chiara Notarnicola.
Bene anche gli uomini. Netto, distaccato e fluente l’attore Franz Tscherne nei panni dell’odiosissimo, saccente, Maggiordomo; magnifico, sonoro, vigoroso il Maestro di Musica di Markus Werba che ha cantato indisposto (ma nessuno se ne sarebbe accorto allorquando l’indisposizione non fosse stata annunciata); tutto sommato accettabile il Bacco di Daniel Kirch e molto bene il quartetto delle Maschere formato da Tommaso Barea (Arlecchino), Mathias Frey (Scaramuccio), Vladimir Sazdovsky (Truffaldino) e Carlos Natale (Brighella). Inoltre bene anche i personaggi che transitano nel Prologo, resi da Cristiano Olivieri (Maestro di Ballo), Riccardo Fioratti (Un Parrucchiere), Maurizio Leoni (Un Lacché), Paolo Antognetti (Un Ufficiale).
Infine la regia. Paul Curran mette in scena con ordine, ma senza grandi idee (scene e costumi Gary McCann; luci Howard Hudson; assistente alla regia, Oscar Cecchi; assistente alle scene Eleonora Di Leo; assistente ai costumi, Stefania Scaraggi). Spettacolo carino, colorato, insipido. E pensare che quando Strauss e Hofmannsthal il 5 ottobre 1916 presentarono Ariadne auf Naxos nella sua versione definitiva a Vienna, Francesco Giuseppe era sul letto di morte ed il Sacro Romano Impero avviato alla disfatta. Riflessioni anche sul parallelo arte-guerra, semmai, qui del tutto assenti.
Mentre da un cassetto della memoria, come Zerbinetta da una quinta, esce Edita Gruberova al debutto italiano, in una lontana Arianna fiorentina del 1977.
In questo pezzo ci sono tante incidentali, lo so; ma trattandosi di Hofmannsthal e Strauss al massimo delle loro dovizie quelle incidentali me le perdonerete.
Applausi vibranti per tutti. Saluti.
(Le foto che accompagnano il post sono di Michele Lapini)
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