Andrea Rauch: sessanta manifesti teatrali dal 1980 al 2018, ma anche libri, opuscoli, scenografie. Mostra alla Pergola fino al 14 aprile
Sessanta manifesti, libri, opuscoli, scenografie, proiezioni: dal 27 febbraio al 14 aprile 2019 la Fondazione Teatro della Toscana celebra nella Sala Oro del Teatro della Pergola l’opera di Andrea Rauch dedicata alla vita del teatro. La mostra “Andrea Rauch. Ai margini del teatro – Manifesti 1980-2018”, curata da Walter Sardonini, responsabile dell’identità visiva della Fondazione, rivela tutta la forza con cui Rauch riesce a sottolineare l’importanza dei testi, della scena, con “la spada” dell’autore, non con “il bisturi” del decoratore. È un acrobata dello spirito e della penna, in una continua opera di intellettuale, l’uomo di cultura sempre a guidare la mano dell’artista.
“I manifesti teatrali – afferma Andrea Rauch (nella foto a sinistra) – annunciano uno spettacolo suonando la grancassa o il violino, ma non ci raccontano mai la storia per intero. Cercano di darci sensazioni, di suggerire più che di mostrare”.
L’ingresso all’esposizione è libero e riservato ai possessori del biglietto dello spettacolo in programmazione alla Pergola, a partire da un’ora prima del suo inizio.
L’esposizione rientra nelle attività del Centro Studi del Teatro della Toscana. Il progetto di allestimento è di Goffredo Serrini e Claudio Zagaglia (SocialDesign), l’allestimento di Acme04. In mostra e presso la Libreria dei Lettori, Via della Pergola 12, sarà presente il catalogo, anch’esso curato da Sardonini, edito da La casa Husher.
Non c’è una sola opera nella mostra “Andrea Rauch. Ai margini del teatro – Manifesti 1980-2018” che si limiti ad annunciare uno spettacolo, una rassegna o un convegno. Tutte ne sono una sintesi perfetta, tutte raccontano, in pochi tratti essenziali, la storia alla quale invitano ad assistere. Rauch si comporta non come semplice grafico, è un artista e come tale ha una precisa personalità e lavora a partire da scelte di tipo pittorico, che fanno sì che i suoi lavori possano essere riconoscibili, abbiano una firma che li individua e contraddistingue. Una firma fatta dall’intreccio di colori, da linee cromatiche che si affiancano, fanno giravolte, si avvolgono tra loro, sembrano risolversi e sciogliersi di nuovo, poi si intersecano ancora.
La composizione delle immagini, che fa di Andrea Rauch un maestro nel suo genere, realizzata a partire da idee precise sullo spazio e sulla sua geografia, con figure che assomigliano molto a quelle create da un regista o anche soltanto da uno scenografo. Ha lavorato stimolando i suoi interlocutori (il pubblico dei manifesti, dei libri, degli spettacoli di cui ha curato le scene) ad andare a teatro per lasciarsi rapire dal sogno. C’è riuscito attraverso uno stile inconfondibile, dissacrando l’ortodossia dell’oggetto in questione e restituendogli il rango di soggetto: con pennellate di colore sui capelli di Molière o proiettando la figura di Betty Boop nell’ombra di Don Chisciotte.
Mai ha iconografato un evento: questa o quella foto di scena con date e luogo come la si sarebbe trovata forse sui giornali. Ogni manifesto, là sul muro, vera avanguardia del dialogo culturale, ha mostrato quello che non si riusciva a vedere, ha anticipato un’emozione. Quella che per ciascuno, dopo il teatro, si rivela per intero. Ne sono testimonianza i lavori esposti nella mostra che la Fondazione Teatro della Toscana dedica alla sua opera nella Sala Oro del Teatro della Pergola: si incontrano, come in un’unica ballata, lo Stregatto (diventato Stregagatto per un capriccio della Disney), Ubu, Didi e Gogo a braccetto con Ibsen, Goldoni, Pirandello e che ha toccato poi ogni angolo d’Italia e tante parti del mondo. Si resta stupiti davanti alle illustrazioni, in attesa che, da un momento all’altro, Madama Butterfly si capovolga su se stessa, che il gabbiano di Čechov spicchi il volo dalla sua sagoma di legno, che Ubu, il re, attacchi una delle sue tirate.
In tutti questi casi, Rauch è stato appunto molto di più che un mero esecutore; il suo lavoro lo ha coinvolto in ogni aspetto, ha invaso tutti i settori possibili, ma non come un fiume in piena, semmai come una rete di corsi d’acqua, un intrico di creatività. Si pensi, ancora, alla collaborazione con La Zattera di Babele di Carlo Quartucci, che produsse libri, mostre, manifesti; oppure agli straordinari allestimenti di Mercanti in Fiera, una sorta di mostra mercato del più importante Teatro ragazzi in Italia, ospitati per vari anni presso la Fondazione Sipario di Cascina; o le mostre su grandi grafici e illustratori, dove Rauch ha dato il meglio di sé, aprendo le chiuse della propria creatività, a partire dalla creatività di altri, maestri o anche amici, che proprio grazie a lui potevano elevarsi al rango dei grandi.
La sua arte fa pensare al “Manifesto contro lo Stile” di Baj, Arman, Giò e Arnaldo Pomodoro, Klein, Hundertwasser, Manzoni e altri, del 1957. I firmatari vi difendevano l’idea che “il mondo in cui viviamo non necessita più di rappresentazioni celebrative, ma di presenze”. Ecco, questo fanno i manifesti di Andrea Rauch: sono presenti.
BIOGRAFIA / Andrea Rauch (Siena, 1948) ha disegnato e progettato immagini per enti pubblici, istituzioni culturali e movimenti politici nazionali. Suoi manifesti fanno parte delle collezioni del Museum of Modern Art di New York e del Musée de la Publicité del Louvre di Parigi.
Nel 1998 e nel 2003 le Edizioni Nuages hanno pubblicato Design & Identity e Dis-continuo, due vaste ricognizioni sul suo lavoro di grafico e nel 2018, in occasione del 50° anniversario di attività, la Casa Usher ha dato alle stampe il volume antologico Produrre memoria. Dal 1994 al 2002 ha insegnato Graphic Design presso il corso di laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università di Siena. Ha illustrato grandi classici della letteratura tra cui Peter Pan nei Giardini di Kensington (Nuages, 1999), Il Giornalino di Gian Burrasca (Nuages, 2005), Le avventure di Pinocchio (Nuages, 2006), Alice nel Paese delle Meraviglie (Prìncipi & Princípi, 2010). Ha esposto grafica e disegni in ogni parte del mondo. Come grafico e/o scenografo ha collaborato con molte istituzioni e compagnie teatrali. Tra queste, il Centro per la Sperimentazione e la Ricerca teatrale di Pontedera, Teatro dell’Elfo, Teatro Gioco Vita, Teatro delle Briciole, Sipario Stregato, Granteatrino, Burattini del Sole, Kanterstrasse, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Porcospino, Arena di Verona, Teatro dei Rinnovati di Siena, Teatro Stabile del Veneto, Teatro della Tosse, Teatro Petruzzelli di Bari, Papierthéâtre.
Dal 1991 al 1998 ha progettato grafica per l’Unione dei Teatri d’Europa, fondata da Giorgio Strehler, per cui ha ideato le monografie di grandi scenografi europei (da Josef Svoboda, a Emanuele Luzzati, a Ezio Frigerio, a Wilfred Minks…) e, tra il 1988 e il 1992, è stato art director del Festival internazionale del Teatro di Caracas.
Insieme a Giorgio Ursini Uršič ha curato la mostra Emanuele Luzzati, scenografo, presentata nel 1992 al Centre Pompidou di Parigi e, successivamente, al Teatro della Pergola di Firenze.