Alla Pergola di Firenze Alessandro Gassman dirige “Fronte del porto” (dal 3 all’8 marzo). “Per strada” (dal 3 al 5) e “Werther a Broadway” (dal 6 all’8) al Teatro Niccolini
FIRENZE – TEATRO DELLA PERGOLA / ALESSANDRO GASSMANN DIRIGE “FRONTE DEL PORTO”
Alessandro Gassmann torna a dirigere Daniele Russo nella riscrittura di una storia “cinematografica”: l’adattamento teatrale firmato da Enrico Ianniello di Fronte del porto, al Teatro della Pergola da martedì 3 a domenica 8 marzo 2020.
Attore, scrittore, traduttore e regista non nuovo a esperienze di trasposizione scenica – ricordiamo gli adattamenti di Chiòve e I Giocatori del catalano Pau Mirò – Ianniello ha immaginato la storia a partire dall’omonima opera dell’americano Budd Schulberg (a sua volta ispirato da un’inchiesta giornalistica dell’epoca, diventata la base della sceneggiatura del film di Elia Kazan che vinse otto Oscar nel 1954) e dall’adattamento teatrale realizzato, in seguito, dall’inglese Steven Berkoff. (Le foto di “Fronte del porto” sono di Mario Spada).
«Ho chiesto a Enrico Ianniello», scrive Gassmann nelle note di regia, «di spostare l’azione, originariamente ambientata negli Stati Uniti degli anni ’50, in una Napoli degli anni ’80, dove la camorra era organizzata e presente tra gli operai del porto industriale. Come già avvenuto per Qualcuno volò sul nido del cuculo, anche in questo caso la scelta è caduta su un testo e una tematica che mi coinvolgono profondamente e che portano verso una ricerca di libertà faticosa. «Abbiamo ricostruito la vita del porto, le vite degli operai, i loro aguzzini» prosegue, «attaccandoci ai suoni, ai rumori, ai profumi e alla lingua di questa città. Cerco sempre di ricostruire mondi credibili nei miei spettacoli, pensando a ogni tipo di pubblico, nella convinzione che ora come non mai il teatro debba essere arte popolare, di difficile esecuzione, ma di semplice fruizione».
Interpretato da Russo con Emanuele Maria Basso, Antimo Casertano, Antonio D’Avino, Sergio Del Prete, Francesca De Nicolais, Vincenzo Esposito, Ernesto Lama, Daniele Marino, Biagio Musella, Pierluigi Tortora, Bruno Tràmice, lo spettacolo gioca con le musiche dei film di quegli anni, con i colori sgargianti della moda casual, con i riferimenti culturali di quell’epoca e con una lingua napoletana che in quelle pellicole si va italianizzando per darsi una veste di dignitosa comprensibilità nazionale, senza perdere il proprio carattere e il proprio bagaglio espressivo. Era quella, inoltre, un’epoca in cui Napoli stava cambiando pelle nella sua organizzazione criminale; gli anni del terremoto, gli anni di Raffaele Cutolo. Anni in cui il porto era sempre di più al centro di interessi diversi, legali e illegali. La storia, allora, si sviluppa coerentemente tra Calata Marinella e la sua baraccopoli, la Chiesa del Carmine, il molo Bausan, la Darsena Granili, l’avveniristica Casa del Portuale di Aldo Rossi (la cui costruzione termina proprio nel 1980).
«Si parla di caporalato, di sopraffazione nel mondo del lavoro», racconta Daniele Russo ad Angela Consagra sul foglio di sala dello spettacolo, «e dunque la storia è vicina alla nostra sensibilità e rappresenta uno di quei temi sociali che Gassmann ama trattare. In particolare, per quanto riguarda il mio personaggio, Francesco, ex boxeur, abbiamo lavorato molto sull’assenza: è un uomo che osserva e che non agisce, piuttosto si lascia agire perché subisce le decisioni degli altri. Probabilmente», ragiona, «lui è incapace di prendere decisioni in un mondo che fa dell’omertà e delle regole non scritte la sua normalità. Non ha quel carattere decisionista che, invece, presentano il fratello o il cugino e gli altri personaggi loschi che vivono in questo porto di Napoli degli anni Ottanta. L’incontro con i sentimenti», continua, «l’amore per una ragazza e le parole di un prete, lo risvegliano infine – come nel film – dal torpore nel quale viveva e riesce, soprattutto, a riprendersi la sua dignità».
Un grande spettacolo, anche visivamente coinvolgente. Le scene sono dello stesso Alessandro Gassmann e descrivono più di venti luoghi che, con i loro movimenti, sono parte integrante della narrazione drammaturgica. I costumi sono di Mariano Tufano, le luci di Marco Palmieri, le videografie di Marco Schiavoni, le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi. La produzione è Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini.
«Prosegue la mia collaborazione con il Teatro Bellini, struttura teatrale giovane e coraggiosa», conclude Gassmann, «la più vivace realtà teatrale di Napoli in questo momento, e mi piace continuare il mio lavoro di regista con Daniele Russo, nel quale ho trovato un interprete ideale e credibile per raccontare i limiti e i difetti umani di protagonisti imperfetti, ma proprio per questo emozionanti».
VIVERE DAVVERO
di Angela Consagra
Intervista a Daniele RUSSO
In questo nuovo spettacolo in cui collabora nuovamente con Alessandro Gassmann, come si inserisce il suo personaggio?
«Dopo il grande successo di Qualcuno volò sul nido del cuculo, insieme ad Alessandro Gassmann da tempo volevamo proseguire la nostra collaborazione. Alessandro ha bisogno di raccontare grandi storie al pubblico, storie capaci di illuminare e di emozionare l’animo degli spettatori. Lui sente proprio il desiderio imprescindibile di parlare con il pubblico, è una sua cifra stilistica. E in questa edizione teatrale di Fronte del porto ha trovato una grande storia da raccontare al suo pubblico. Ha deciso di ambientare la narrazione in Italia perché caratterizzata da una grande contemporaneità. Si parla di caporalato, di sopraffazione nel mondo del lavoro, e dunque la storia è vicina alla nostra sensibilità e rappresenta uno di quei temi sociali che Gassmann ama trattare. In particolare, per quanto riguarda il mio personaggio, Francesco, ex boxeur, abbiamo lavorato molto sull’assenza: è un uomo che osserva e che non agisce, piuttosto si lascia agire perché subisce le decisioni degli altri. Probabilmente lui è incapace di prendere decisioni in un mondo che fa dell’omertà e delle regole non scritte la sua normalità. Non ha quel carattere decisionista che, invece, presentano il fratello o il cugino e gli altri personaggi loschi che vivono in questo porto di Napoli degli anni Ottanta. L’incontro con i sentimenti, l’amore per una ragazza e le parole di un prete, lo risvegliano infine – come nel film – dal torpore nel quale viveva e riesce, soprattutto, a riprendersi la sua dignità».
Quindi è un personaggio capace di compiere un’evoluzione?
«Assolutamente sì. Per un interprete è stimolante dare corpo e voce a personaggi simili: io sono un attore anche energico, sempre molto presente, e lavorare invece sull’assenza è stata una sfida divertente. All’inizio il mio personaggio è un osservatore, non ha la forza né la maturità per capire che probabilmente le cose potrebbero andare in modo diverso. Il suo è un modus operandi molto italiano: si attende, ma è un’attesa del nulla, alla fine… Il suo è un lasciarsi vivere, piuttosto che vivere davvero. Il momento del riscatto e la voglia di rivalsa gli permetteranno di conoscersi più profondamente. Da un primo atto che prepara a quello che avverrà – come spesso accade in questo tipo di storie – e in cui se non sai che sono io il protagonista neanche forse te ne accorgi, si passa a un vero sviluppo della storia. E le scelte attoriali e registiche seguono questa strada».
Che Napoli è quella che viene raccontata nello spettacolo e in che modo può dirsi contemporanea alla nostra sensibilità?
«Oggi la Napoli malavitosa imperversa al cinema e in teatro. In questo spettacolo utilizziamo molto il dialetto napoletano, anche se sfumato: tutto è comprensibile, a parte certe parole che non importa capire perfettamente. Il suono napoletano è musica: non intendi magari il senso, ma sicuramente capisci se sono arrabbiato oppure no, grazie all’espressività. Sicuramente trasporre la storia negli anni Ottanta ci ha permesso di descrivere una Napoli che conserva ancora certi suoni, un tipo di linguaggio forse meno violento e più teatrale rispetto a quello presente in tanti film di oggi dedicati a questa città, così complessa e unica».
L’espressività è un elemento dominante in scena?
«Si rivivono suoni e gestualità tipicamente partenopee. Io non sono un attore abituato a fare spettacoli in dialetto, però questa scelta risulta vincente. L’ambientazione a New York, com’è nella storia originale, sarebbe stata troppo distante da quello che siamo. Le difficoltà raccontate in questo Sud del mondo, in questo porto di Napoli, sono le stesse che appartengono a tutti noi».
3 – 8 marzo | Teatro della Pergola
(ore 20:45; domenica ore 15:45)
Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Daniele Russo
FRONTE DEL PORTO
di Budd Schulberg
traduzione e adattamento Enrico Ianniello
con Emanuele Maria Basso, Antimo Casertano, Antonio D’Avino, Sergio Del Prete, Francesca De Nicolais, Vincenzo Esposito, Ernesto Lama, Daniele Marino, Biagio Musella, Pierluigi Tortora, Bruno Tràmice
scene Alessandro Gassmann
costumi Mariano Tufano
luci Marco Palmieri
videografie Marco Schiavoni
musiche Pivio e Aldo De Scalzi
sound designer Alessio Foglia
aiuto regia Emanuele Maria Basso
uno spettacolo di Alessandro Gassmann
Durata: 2h e 15’, intervallo compreso.
Biglietti
Intero
Platea 37€ – Palco 29€ – Galleria 21€
Ridotto Over 60
Platea 33€ – Palco 26€ – Galleria 18€
Ridotto Under 26
Platea 22€ – Palco 18€ – Galleria 13€
Ridotto Soci Unicoop Firenze
Platea 30€ – Palco 24€ – Galleria 17€
Biglietteria
Via della Pergola 30, Firenze
055.0763333 – biglietteria@teatrodellapergola.com.
Dal lunedì al sabato: 9.30 / 18.30.
Circuito BoxOffice Toscana e online su www.ticketone.it/fronte-del-porto-biglietti.html?affiliate=ITT&doc=artistPages/tickets&fun=artist&action=tickets&erid=2510769
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FIRENZE – TEATRO NICCOLINI / “PER STRADA” E “WERTHER A BROADWAY”
***Per strada di Francesco Brandi, con Francesco Sferrazza Papa e lo stesso Brandi diretti da Raphael Tobia Vogel, racconta al Teatro Niccolini di Firenze dal 3 al 5 marzo 2020 i giovani indecisi su tutto, l’incapacità totale di gestire le proprie ansie e le proprie sconfitte, un sotterraneo desiderio di farla finita e un incontro, appunto, on the road. Le scene e i costumi sono di Andrea Taddei, il video di scena è di Cristina Crippa. La produzione è Teatro Franco Parenti.
In una sera d’inverno sotto una fitta nevicata, introduzione perfetta a un racconto scenico di malinconica grazia, due ragazzi infreddoliti si incontrano casualmente per strada. Paul (Francesco Sferrazza Papa), cresciuto e viziato nella bambagia, sta per sposare una donna che non ama, per volere della famiglia. Jack (Francesco Brandi), povero e abbandonato da tutti, è deciso a farla finita. I due iniziano a fare amicizia e scoprono la possibilità di unire le proprie esistenze infelici alla ricerca di una consolazione e di un cambiamento.
La strada è il luogo di incontro fra Paul e Jack, ma è anche e soprattutto la strada della vita dei due personaggi, quella smarrita; il cammino di scoperta, le ore che passano inesorabili, trasformano questo scontro casuale di due solitudini in un incontro che modificherà per sempre le loro vite.
La mia intenzione non era tanto quella di raccontare una generazione in particolare, volevo solo descrivere la storia di due esseri umani, al di là della loro età specifica. Ho l’abitudine di scrivere sempre su temi che riguardano me stesso, il mondo che mi circonda e che mi è più vicino: quella fascia anagrafica che va dai 30 ai 40 anni, per intendersi, coglierà più riferimenti, ma non definirei il testo come una storia generazionale. In questo caso, l’idea è partita collegandola a un periodo non troppo felice della mia vita: mi sono ritrovato da solo, in preda a sentimenti piuttosto negativi, e allora mi sono immaginato che cosa sarebbe potuto succedere se accanto a me ci fosse stata un’altra persona, caratterizzata al contrario dalla positività. Da due sentimenti apparentemente così opposti ecco che nasce un incontro molto speciale, capace di legare due solitudini. (Francesco Brandi)
***Dopo Washington Square e Abecedario Americano, Giancarlo Sepe chiude la trilogia dedicata al mondo dell’America fra gli anni Quaranta e Cinquanta con Werther a Broadway, al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci dal 6 all’8 marzo 2020.
Il lavoro, prodotto dalla Fondazione Teatro della Toscana in collaborazione con il Teatro La Comunità 1972 diretto da Sepe, si avvale delle musiche di Davide Mastrogiovanni a cura di Harmonia Team, delle scene di Alessandro Ciccone, dei costumi di Lucia Mariani e delle luci di Guido Pizzuti. Ne sono interpreti Giacomo Stallone (Werther), Federica Stefanelli (Rosina), Sonia Bertin (Stella), Camilla Martini (Camille), Pierfranceso Nacca (Perdicano).
Werther, il personaggio romantico creato da Goethe, che scrive lettere all’amico Guglielmo, per confidarsi con lui del suo impossibile amore per Lotte, donna già impegnata, quindi non disponibile… Werther che pensa all’amore pur schiacciato, nella sua terra di Germania, in guerre sanguinose che umiliano i suoi sentimenti di pace, Werther che prima di darsi la morte, da lui fortemente voluta, ripara in America, a Broadway, capitale del teatro, in un viaggio della speranza dove, forse, cerca di dimenticare la sua donna ‘proibita’…
Attraversato l’oceano, incontra il teatro: un dedalo di passioni avvolgenti, dove si parla d’amore con le parole di Non si scherza con l’amore di Alfred De Musset. Attori che recitano e rappresentano i sentimenti sulla scena, che a volte non solo recitano, ma vivono sulla loro pelle, in un avvicendarsi di verità e finzione. Storie vere di camerino e storie finte di palcoscenico… Si salverà il giovane Werther dai suoi neri propositi di morte? (Giancarlo Sepe)
3 – 5 marzo | Teatro Niccolini di Firenze
(ore 21)
Teatro Franco Parenti
Francesco Brandi, Francesco Sferrazza Papa
PER STRADA
di Francesco Brandi
scene e costumi Andrea Taddei
video di scena Cristina Crippa
direttore dell’allestimento Lorenzo Giuggioli
assistente alla regia Gabriele Gattini Bernabò
regia Raphael Tobia Vogel
Durata: 1h e 20’, atto unico.
6 – 8 marzo | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
(ore 21; domenica ore 16:45)
Fondazione Teatro della Toscana, Teatro La Comunità 1972
WERTHER A BROADWAY
di Giancarlo Sepe
con Giacomo Stallone, Federica Stefanelli, Sonia Bertin, Camilla Martini, Pierfrancesco Nacca
scene Alessandro Ciccone
costumi Lucia Mariani
musiche Davide Mastrogiovanni a cura di Harmonia Team
disegno luci Guido Pizzuti
Durata: 1h, atto unico.
Biglietti
Intero
Posto unico 12€
Ridotto – Under26, Over60, Abbonati Teatro della Toscana, Soci Unicoop Firenze
Posto unico 10€
Ridotto – PYC (Pergola Young Card)
Posto unico 8€