Al Teatro Niccolini di Firenze appuntamento con “Emily Dickinson. Vertigine in altezza” con Daniela Poggi, regia di Emanuele Gamba. Prima nazionale (dal 23 novembre al 1° dicembre). Con un’intervista alla protagonista
Da sabato 23 novembre a domenica 1 dicembre 2019 (ore 21, sabato ore 19, domenica ore 17, riposo lunedì 25 novembre), in prima nazionale al Teatro Niccolini di Firenze, Emanuele Gamba dirige Daniela Poggi in Emily Dickinson – Vertigine in altezza di Valeria Moretti. Le parole della celebre poetessa zampillano, oblique e vulcaniche, in un’esistenza da incendiaria nell’America bigotta e puritana della seconda metà dell’Ottocento. (Nelle foto Daniela Poggi. Ph. Filippo Manzini).
“Per me rappresenta una sfida, alla quale mi avvicino con estrema umiltà – afferma Poggi – il tentativo è di far rivivere piccole sfumature, che ho potuto cogliere nelle sue poesie e attraverso le varie biografie che hanno scritto su di lei. In scena indosso una parrucca e un abito meraviglioso di Elena Bianchini, realizzato da Eleonora Sgherri, che ci riporta all’epoca rappresentata: ho voluto cercare – precisa – di entrare totalmente in lei, anche a partire dalla fisicità, descrivendo la sua gioia di vivere e anche il dolore con cui ha affrontato la malattia che ha inferto duri colpi al suo corpo”.
Dall’infinitamente piccolo della natura tanto amata all’infinitamente grande delle passioni e degli slanci, e viceversa, Emily Dickinson corre tracciando rotte sempre nuove e inesplorate e, soprattutto, sempre alla ricerca di un nuovo profondo mistero. E lo fa da par suo, mantenendo vive in sé le accensioni di una donna, una ragazza e una bambina capaci tutte di arguzia e divertimento, malizia e abbandono, gioco ed estasi.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Emily Dickinson nasce nel 1830 ad Amherst nel Massachusetts. Trascorre la maggior parte della propria vita ritirata nella casa paterna. A questo volontario isolamento, a un’esistenza apparentemente priva di grandi avvenimenti, fa da contrappunto una vulcanica vita interiore. Muore nel 1886, sempre ad Amherst.
“La sua capacità di viaggiare dentro la vita è qualcosa a cui dovremmo tutti attingere – dice Daniela Poggi ad Angela Consagra nel foglio di sala dello spettacolo – oggi noi tutti abbiamo bisogno di tangibilità assoluta nella nostra esistenza, mentre Emily Dickinson viveva nella fantasia, anzi, proprio la costruiva e in questa costruzione c’era un viaggio meraviglioso: un’immaginazione rarefatta, ma che diventava realtà. È stata una ribelle, ma anche impudica nei suoi pensieri, soprattutto ritrovandosi in una società estremamente puritana. La sua capacità di amare era universale e andava al di là di ogni tipo di genere: figure femminili o maschili, il pettirosso, i giacinti, le colline, i tramonti, il sole, la luce”.
Il mondo esterno e il mondo interiore si alternano nel racconto in scena, inseguendosi, accavallandosi e scontrandosi nella fulminante febbrile creatività della poetessa americana. A un primo, ufficiale, sguardo, l’immagine della Dickinson è quella di una donna vestita di bianco, ritirata in una stanza. Poco oltre, il mondo nella sua frenetica attività.
“Nel corso della mia vita – interviene Poggi – mi sono ritrovata in lei, leggendo le sue poesie ho riconosciuto dei miei stati d’animo, anche se magari ho interpretato ogni poesia come io più desideravo in quel certo periodo. Ma, in fondo, è lei stessa a sostenere che ogni parola poetica deve essere accolta da chi vorrà, rendendola propria”.
La lirica della Dickinson nasce dal suo giardino e dalla sua casa. Qualcuno ha detto che sono stati il suo laboratorio poetico: i luoghi in cui la conoscenza del mondo si è fatta acuta indagine e profondo ascolto del mistero delle relazioni umane. Emily Dickinson – Vertigine in altezza parte proprio da un giardino fiorito dove la poetessa, fiorita anche lei grazie al costume di Elena Bianchini, realizzato da Eleonora Sgherri, cura e corre, ride e bisbiglia, ironizza e palpita, evocando attorno a sé una galleria di parenti, amiche, amanti e un cane. I suoni e il video sono di Alessio Tanchis, l’aiuto regia è Jonathan Freschi, il disegnatore luci è Loris Giancola, il macchinista costruttore è Cristiano Caria.
******DA CUORE A CUORE
intervista a DANIELA POGGI di Angela Consagra
Chi era Emily Dickinson, secondo Lei?
“Definire Emily Dickinson è impossibile perché ritengo che sia come un diamante dalle mille sfaccettature: dipende con quale occhio la guardi, con quale orecchio la ascolti, con quale stato d’animo la vivi: tutto è relazionato all’attimo in cui la percepisci. Una poetessa, una donna che ha prevaricato il suo tempo, nel senso che è riuscita a imporre la sua dimensione intellettuale: il suo pensiero e i suoi versi, il modo di essere, andando contro le regole e contro quella che poteva essere un’idea di donna di casa. Lei si è allontanata dalle pentole, dai ricami, ma anche dalle feste: è una donna che ha saputo entrare nel mondo e nelle vite degli altri solo attraverso l’immaginazione. La sua capacità di viaggiare dentro la vita è qualcosa a cui dovremmo tutti attingere, e non soltanto le donne, ma anche gli uomini. Oggi noi tutti abbiamo bisogno di tangibilità assoluta nella nostra esistenza, mentre Emily Dickinson viveva nella fantasia, anzi, proprio la costruiva e in questa costruzione c’era un viaggio meraviglioso: un’immaginazione rarefatta, ma che diventava realtà”.
Si tratta di un personaggio estremamente contemporaneo?
“Sì, precursore di un pensiero femminile che si ribella al fatto che la donna debba essere una brava casalinga. È stata una ribelle, ma anche impudica nei suoi pensieri, soprattutto ritrovandosi in una società estremamente puritana: il fatto del tradimento o l’amore rivolto indistintamente a un uomo o a un’altra donna, erano qualcosa di impensabile. La sua capacità di amare era universale e andava al di là di ogni tipo di genere: figure femminili o maschili, il pettirosso, i giacinti, le colline, i tramonti, il sole, la luce…”
Per lei cosa significa, da attrice, dare vita sulla scena a questo emblema femminile?
“Nel corso della mia vita mi sono ritrovata in lei, leggendo le sue poesie ho riconosciuto dei miei stati d’animo, anche se magari ho interpretato ogni poesia come io più desideravo in quel certo periodo… Ma, in fondo, è lei stessa a sostenere che ogni parola poetica deve essere accolta da chi vorrà, rendendola propria. Per me rappresenta una sfida, alla quale mi avvicino con estrema umiltà. Il tentativo è di far rivivere piccole sfumature, che ho potuto cogliere nelle sue poesie e attraverso le varie biografie che hanno scritto su di lei. In scena indosso una parrucca e un abito meraviglioso che ci riporta all’epoca rappresentata: ho voluto cercare di entrare totalmente in lei, anche a partire dalla fisicità, descrivendo la sua gioia di vivere e anche il dolore con cui ha affrontato la malattia che ha inferto duri colpi al suo corpo”.
La scrittura di Emily Dickinson può definirsi quasi come “una vertigine in altezza”: per lei questa altitudine poetica cosa rappresenta?
“È la paura, anche perché io soffro di vertigini: sono terrorizza dall’altezza. La “vertigine in altezza” per me rappresenta un volo nel vuoto, in cui parto dall’alto e sotto di me vivo la vertigine, ma comunque sto volando… Interpretare questo personaggio è come un salto che faccio, di cui ho timore. Oggi si è diffusa quasi una sorta di ‘Dickinson-mania’ per cui tanti hanno ritradotto le sue poesie e addirittura è stata realizzata una serie TV su Emily Dickinson, tratteggiando una figura molto trasgressiva e passionale. In questo spettacolo io incarno ‘la mia Emily’, risultato di un connubio perfetto tra la scrittura di Valeria Moretti, il mio approccio al personaggio molto diretto e carnale e la regia di Emanuele Gamba. ‘La vertigine’ può essere tutto: è la sospensione, l’attimo in cui stai su un filo, come sopra la catena dell’Himalaya, ma non ti interessa se cadrai, perché nel frattempo stai godendo l’attimo”.
Affrontare il palcoscenico è, dunque, una vertigine?
“Ogni volta è sempre un meraviglioso salto nel vuoto. Dico sempre: “Basta mettersi alla prova!”, ma ritorno al palcoscenico, perché è come se avvertissi continuamente l’impulso di dovermi confrontare con me stessa. Essere attori è anche avere l’opportunità di esprimere se stessi, sperimentando nuovi sentimenti che non conoscevi ma che ti appartengono. Sarò felice se almeno un giovane che non ha mai conosciuto la storia di Emily Dickinson possa incontrarla con questo spettacolo, magari uscendo dal teatro con il desiderio di andare a leggere le sue poesie. Il teatro per me è come un filo, capace di collegare il mio cuore al cuore dello spettatore. Desidero che questo filo immaginario tra me e il pubblico sia unito: Emily Dickinson – Vertigine in altezza è conoscenza, confronto e respiro comune. Nel tempo della rappresentazione, noi stiamo respirando all’unisono: poi ognuno, sia io che gli spettatori, prenderemo la nostra strada, ma quando il sipario si apre e lo spettacolo inizia, il respiro è unico e ci fa volare”.
Biglietti / Intero Platea 37€ – Palco 29€ – Galleria 21€ / Ridotto Over 60 Platea 33€ – Palco 26€ – Galleria 18€ / Ridotto Under 26 Platea 22€ – Palco 18€ – Galleria 13€
Biglietteria di prevendita / Via della Pergola 30, Firenze
055.0763333 – biglietteria@teatrodellapergola.com.
Dal lunedì al sabato: 9.30 / 18.30.
Circuito BoxOffice Toscana e online su https://www.ticketone.it/biglietti.html?affiliate=ITT&doc=artistPages/tickets&fun=artist&action=tickets&erid=2616816&includeOnlybookable=false&x10=1&x11=emily
Biglietteria serale
Teatro Niccolini di Firenze, Via Ricasoli 3, a partire da un’ora prima dell’evento.