A Castell’Arquato in scena Nozze istriane di Antonio Smareglia e Luigi Illica. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI

Castell’Arquato, situato su un’altura ad una trentina di chilometri da Piacenza, è un borgo medievale intatto e la sua Piazza del Municipio è uno dei luoghi di maggior fascino che io conosca. Qui, proprio a pochi metri da codesta piazza nacque nel 1857 Luigi Illica, eminente librettista, che a date sorprendenti seppe parlare di diseguaglianze sociali, del disagio nelle periferie metropolitane, della violenza sulle donne e sui minori. Castell’Arquato lo ricorda da lungo tempo con il conferimento a personaggi del giornalismo (giornalista fu anche Illica, per lo appunto) e del teatro, di un premio in suo onore e da più breve novero, di un Festival a carattere musicale, durante il quale si rappresentano opere liriche di libretto illichiano con intelligente attenzione a titoli desueti. L’anno passato Le Maschere di Mascagni, venerdí (7 luglio 2023), Nozze Istriane di Antonio Smareglia.

Il libretto di quest’opera ambientata a Dignano di Pola è un gioiellino. Illica vi fa menzione del colore locale, di erbaggi e frutta, di donne discriminate e sole, d’amore, di morte. La trama è anche semplice. Marussa, una bella ragazza di padre ricco, ama riamata Lorenzo, che ha un bel caratterino, ma di soldi non ne ha. Lei tuttavia è notata da Nicola, che di soldi ne ha abbastanza con case e proprietà, e la vuole sposare. Nicola si rivolge quindi ad un sensale, Biagio, perché porti la profferta di nozze a Menico, il padre ricco di Marussa, che accetta. Per sviare Marussa da Lorenzo si sceglie come stratagemma la restituzione di un pegno d’amore, un orecchino, che Marussa custodisce e che le viene sottratto. È Biagio ad escogitare tutto insieme con il padre avido. Il colpo riesce e si va verso il matrimonio di Marussa con Nicola. Il giorno delle nozze Lorenzo s’introduce segretamente in camera di Marussa. I due innamorati rinnovano parole d’amore, ma è tardi. Entra Nicola per sollecitare Marussa. Lorenzo lo sfida a duello, ma si becca una coltellata. Lorenzo muore, Nicola fugge. Marussa rimane sola.n

Smareglia, istriano pure lui, è un musicista fine, colto, di matrice mitteleuropea, fresco e fluente, condannato da una sciocca diceria. Ebbe il torto di mettersi contro, per ragioni di cuore, Giulio Ricordi. Per citare Illica (Iris, atto primo) “il colpo è fatto”. Sia come sia, con una verità che morì fanciulla, a Smareglia fu appioppato il pesantissimo fardello del menagramo. Nel mondo della musica, che è un mondo di creduloni, Smareglia tutt’oggi neppure lo si nomina, confinandolo nel limbo dei dimenticati con l’appellativo “L’Istriano”.

Ma la sua è bella musica con echi di Brahms, di Smetana, e quando, raramente, viene riproposta, molti si meravigliano.

Né in chiave stilistica si capisce il motivo per cui l’opera in questione sia stata avvicinata a Cavalleria rusticana, al netto della coltellata che qui si vede e là si sente. Semmai le avvicinerei qualche pagina degli sconosciuti Rantzau o della parimenti illichiana Wally.

Dunque queste Nozze Istriane sono tornate in scena a Castell’Arquato per virtù del Festival Illica.

Ancora una volta una realizzazione di buon livello, con Jacopo Brusa, che è anche il direttore artistico del Festival, a guidare con perizia ed entusiasmo l’Orchestra Toscanini (che di Smareglia fu estimatore, tenendone a battesimo una successiva Oceàna) e il regista Davide Marranchelli a svelare tutta una simbologia di morte (anche civile, ovviamente, considerata la nomea) che le Nozze Istriane recano.

Il cast ha ruotato attorno alla felice prestazione del tenore Giuseppe Infantino, un Lorenzo generoso e squillante, alla dedizione di Sarah Tisba, una Marussa ansiosa e dolente, alla solidità di Graziano Dallavalle, un ottimo Menico, all’ardore giovanile di Francesco Samuele Venuti, Nicola, all’acume interpretativo di Filippo Polinelli, Biagio (che per due atti è il motore dell’azione, ora Iago, ora Kyoto) e alla distinta vocalità di Giovanna Lanza, Luze. Coro (un po’ sparuto, ma efficace) del Festival Illica, maestro del coro Riccardo Bianchi.

Scene e costumi Anna Bonomelli, assistente alla regia Nadir Del Grande, assistente ai costumi, Angelica Forni. Direttrice organizzativa, Antonella Balestrazzi.

Prima dell’opera abbiamo assistito ad una interessante prolusione di Fabio Larovere sulle Nozze Istriane ed il contesto smaregliano, quindi alla consegna del 33esimo Premio Internazionale Luigi Illica che è andato a Raina Kabaivanska, Gregory Kunde, Davide Luciano, Gian Paolo Minardi e Giangiacomo Schiavi. Quest’ultimo ha redatto il libro Il Genio Ribelle, Luigi Illica una vita da Bohème nel quale, a colpo d’occhio, mi sembra di rilevare l’assenza di un testo illichiano fondamentale per l’altezza dei significati come Iris.

L’opera incastonata nella Piazza del Municipicio ha ottenuto un bel successo.

Al termine gotturnio fresco nell’incanto della notte arquatese in compagnia di amici facebucchiani. 

Meritava.

Per dovere d’informazione era la mia terza volta con le Nozze Istriane dopo Trieste 1973 e 2002.