Per sogni e per chimere… un verso della Bohème per la bella mostra (alla Fondazione Ragghianti di Lucca) su Puccini e le arti visive. La recensione di Fulvio Venturi
di FULVIO VENTURI
Nell‘Italia ferita e addolorata di questi giorni, una gemma è sicuramente la mostra “Per Sogni e per Chimere – Puccini e le arti visive”, che abbiamo visitato nel mattino del 14 agosto 2018 (*), ignari della tragedia che sarebbe avvenuta nel giro di pochi minuti (a Genova, ndr). La mostra, che nel titolo recita un verso del libretto de “La Bohème” (**) e che si tiene alla Fondazione Ragghianti di Lucca, apre un capitolo importante per quel che riguarda i punti di contatto fra la musica e la pittura, come, mi si passi la puntualizzazione, modestamente io ho sempre fatto a proposito di Pietro Mascagni, risultando però vox clamans in deserto nella natìa Livorno.
Nel caso della bella mostra di Lucca, Giacomo Puccini, saggiamente, risulta il trait-d‘union fra Scapigliatura di Luigi Conconi e Tranquillo Cremona, e Simbolismo, fra l’arte applicata e l’orientalismo italiano, fra la pittura di paesaggio degli artisti livornesi (Ferruccio Pagni, Francesco Fanelli, Angiolo e Lodovico Tommasi, Plinio Nomellini, Raffaello Gambogi) che formarono con lui il Club della Bohème e la ritrattistica primo-novecentesca, fra i celebri scenografi che hanno fatto la storia della mise-en-éspace e gli stupefacenti cartellonisti alle cui immagini, riprodotte di muro in muro, era affidato il lancio delle nuove opere con immagini pubblicitarie, sì, ma anche e soprattutto artistiche.
Ci sarebbe da essere polemici e scagliarsi contro quelle storie della musica che da sempre trattano i compositori come cellule chiuse, stilando ipotetiche graduatorie di merito e ignorandone la gran parte.
La mostra è animata da piacevolezza straordinaria. Forse manca un segmento viennese ed un alito dedicato alla poesia, ma l‘intelligente allestimento con pochi tocchi ricorda che protagonista è la musica, ordinando le non moltissime sale con l’incedere cronologico delle opere composte da Puccini, da “Le Villi”, ovvero la “scapigliatura“ (1884) alla estrema ed incompiuta “Turandot” (1926) nella quale orientalismo, simbolismo e sogno s‘incontrano oltre la vita di Puccini stesso (a seguire la fotogallery).
Rimane poi da dire l‘emozione provata nel vedere sulle stesse pareti capolavori come “Sinfonia della Luna” di Plinio Nomellini e “Notturno” di Gaetano Previati, il “Pietro Mascagni al pianoforte” di Angiolo Tommasi e “Canale a Bangkok” di Galileo Chini, ai quali si uniscono altri dipinti che raramente escono dalle loro sedi, ma che rivestono grande interesse almeno iconografico, come quelli di Luigi de Servi, di Lino Rosso, di Lionello Balestrieri, di Lino Selvatico, di Antonio Discovolo, di Guglielmo Amedeo Lori e dei sunnominati componenti del Club della Bohème. E poi schizzi, caricature e parole, parole, parole: autografi pucciniani, immagini fotografiche dedicate. La scrittura a ricostruire un’atmosfera, una cultura, un mondo.
Fondamentale per la memoria della mostra e splendido strumento di studio in sé, il monumentale catalogo dove per la prima volta si indica Alfredo Catalani come personaggio fondamentale nella formazione di Giacomo Puccini e “Iris, opera di Mascagni che anticipa il giapponismo di Madama Butterfly”.
Questa si chiama onestà intellettuale. Chapeau.
(*) L’esposizione alla Fondazione Ragghianti resterà aperta fino al 23 settembre 2018. Via San Micheletto n. 3 – Lucca / Orario: tutti i giorni (lunedì escluso) dalle ore 10 alle ore 19.
(**) La Bohème, “Che gelida manina” – quadro I.
One thought on “Per sogni e per chimere… un verso della Bohème per la bella mostra (alla Fondazione Ragghianti di Lucca) su Puccini e le arti visive. La recensione di Fulvio Venturi”
Che bella recensione! Fluida, elegante, in cui il recensore sembra quasi parlare dietro le quinte, per lasciare interamente lo spazio al palcoscenico, che ci pare di vivere. Chapeau allo stile!
Comments are closed.