Cremona, il Teatro Ponchielli apre il sipario sul Don Carlo. Una produzione segnata da forti scelte registiche, sul podio la direzione precisa del giovane Jacopo Brusa, la vocalità vibrante di Laura Verrecchia. La recensione di Fulvio Venturi

di FULVIO VENTURI

È tempo di Don Carlo. In attesa dell’apertura scaligera, al Don Carlo dei teatri emiliani ha risposto questa produzione di OperaLombardia che dopo aver debuttato a Pavia si vede in questi giorni a Cremona (ma che meraviglia il Ponchielli / sopra il titolo – immagine dal sito) e toccherà Brescia per poi chiudere a Como.

Produzione segnata dalle forti scelte registiche di Andrea Bernard (scene Alberto Beltrame, costumi Elena Veccaro, luci Marco Alba) tutte incentrate sul crudo dibattito regime/libertà. Trasporto temporale ai giorni d’oggi, abiti fra il formale e il casual, Rodrigo di Posa, Grande di Spagna, in “chiodo” di pelle nera e occhiali similrayban, Eboli che mantiene la semi-ciecatura e veste uno chémisier verdolino, Il Grande Inquisitore in sedia a rotelle. In scena non mancano i momenti forti, violenze di ogni tipo, stupri, sgozzamenti. Per carità, se non gli chémisier, tutto questo può appartenere a Don Carlo e una mente borghese neanche può immaginare che cosa fosse la repressione al tempo di Filippo II e che cosa sia tutt’oggi nei regimi totalitari, ma il Don Carlo di Verdi ha una sua aulicità, una intima eleganza, una grandezza formale e sostanziale che qui non abbiamo colto.

Sul versante musicale la produzione è capitanata da Jacopo Brusa, direttore giovane che si sta mettendo in luce con il coraggioso lavoro anche di ricerca e riscoperta che sta portando avanti con il Festival Illica di Castell’Arquato. E coraggio e mano ferma ha dimostrato pure in questa occasione con una direzione precisa, tendente all’asciutto, al comando dell’orchestra dei Pomeriggi Musicali (ottima la Banda guidata da Biagio Micciulla) e di un palcoscenico animato da cantanti esperti e da giovani promettenti.

Laura Verrecchia, che conosciamo come rossiniana di valore, aveva stuzzicato la nostra fantasia come Eboli. Interesse ampiamente ripagato. Dopo un inizio giustamente guardingo, ma rispettoso delle agilità, del belcantismo e anche della “mignardise” della Canzone del Velo, Laura Verrecchia è cresciuta di scena in scena, con una vocalità vibrante, solido supporto tecnico e pura tempra di combattente fino al conseguimento di un “Don fatale” di alto livello. I due cantanti di maggiore esperienza in questo cast erano il basso Carlo Lepore e il baritono Angelo Veccia. Lepore ha creato un Filippo II monolitico, tutto assorbito dalla questione politica e forse poco propenso alla interna lacerazione. Lo abbiamo ritenuto piuttosto monocorde, ma efficace. Lo stesso valga per Angelo Veccia, Posa, alle prese con una fastidiosa raucedine e pur tuttavia generoso e persuasivo soprattutto nella morte. Notevole dal punto di vista vocale Mattia Denti come Inquisitore, personaggio che avrebbe meritato altra terribilità da parte della regia (ovvero senza far pensare alla gag quando entra in carrozzino e pigiama), decoroso il Frate di Graziano Dallavalle, qui trasformato in un ministro/giudice dispensatore di condanna, il Tebaldo di Sabrina Sanza, L’Araldo/Lerma di Raffaele Feo. Buona la Voce dal Cielo di Erika Tanaka e ottimo il gruppo dei Deputati fiamminghi. Buono il coro Operalombardia, maestro Massimo Fiocchi Malaspina.

Volutamente abbiamo lasciato in chiusa la menzione di Paride Cataldo, che vestiva la candida camicia del protagonista Don Carlo e di Clarissa Costanzo, Elisabetta di Valois. Quest’ultima dispone di un bel colore timbrico nella zona centrale, ma deve migliorare l’ascesa agli acuti.

Paride Cataldo possiede una voce di qualità che deve irrobustirsi, così come devono emergere le sue attitudini interpretative sia liriche che drammatiche. Nelle scene di sortita (che sono molto difficili: aria, duetto, passo d’assieme, ripresa del duetto, nuovo duetto) sembrava smarrito, poi è migliorato e ha avuto buoni momenti. 

Applausi cordiali ai cantanti e serpeggiante sconcerto durante la serata per la regia e per la parte visiva.

Pur aderendo idealmente allo sciopero nazionale per il rinnovo del contratto il personale di scena del Teatro Ponchielli ha permesso che lo spettacolo fosse rappresentato integramente per non causare disagio nel pubblico e operando a sipario aperto nei cambi scena per dimostrare la complessità perizia del loro lavoro. Ad essi un sentito ringraziamento.