Stagione lirica 2022/2023: il Teatro Comunale di Modena apre con “Mefistofele” di Arrigo Boito, ripresa di una produzione del 2016 a Pisa per la regia di Enrico Stinchelli e la direzione musicale di Francesco Pasqualetti. Si distingue Simone Lim nella parte del titolo. Applausi alla fine. Allo spettacolo ha assistito anche la grande Raina Kabaivanska già interprete alla Scala con Gavazzeni sul podio nel 1964. La recensione di Fulvio Venturi
di FULVIO VENTURI
La stagione 2022/23 del Teatro Comunale di Modena, dedicato a Luciano Pavarotti e Mirella Freni, è stata inaugurata con Mefistofele di Arrigo Boito.
Si è trattato del riallestimento di una produzione andata in scena al Teatro Verdi di Pisa nel 2016 per la regia di Enrico Stinchelli e la guida musicale di Francesco Pasqualetti. Successo allora e successo ripetuto a Modena. Stinchelli, che firma anche scene e costumi, attinge a piene mani dal “fantastico”. Luci, stelle, galassie, nebulose, velate citazioni pittoriche (a colpo d’occhio, Schwabe, Bosch, Bryullov, ma forse trattasi di una remininiscenza in chi ha guardato) con scene essenziali e costumi eterogenei. Manca un vero lavoro di regia, ma lo spettacolo fila.
Francesco Pasqualetti, che possiamo considerare uno specialista di questa partitura, dirige con mano sicura, edificando con l’Orchestra Filarmonica una struttura sonora solida, continua e per qualche verso, monumentale. E pensando all’Italia risorgimentale di quel periodo (1868-1875 sono le date del primo Mefistofele, segnato dall’insuccesso, distrutto dal suo stesso autore e dell’attuale forma riscritta), quella che porterà ai monumenti equestri di Vittorio Emanuele II ed ai pensosi Cavour in ogni Piazza d’Italia, il concetto non ci pare sbagliato. Rimane però poco spazio, questo va detto, per le numerose parentesi liriche delle quali Arrigo Boito ha pervaso la partitura, con un senso di caligine oppressiva generale e qualche suono purtroppo fuori controllo nella impegnatissima sezione degli ottoni. Sul palcoscenico, il coro, che in Mefistofele riverbera ora le voci celesti, ora le voci terrene, ora quelle delle forze del male, ha assolto il difficilissimo compito con indubbio valore. Due compagini si sono unite per questa occasione, il Coro Lirico di Modena e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza per la direzione di Carlo Casati. Ragguardevole anche la prestazione delle Voci Bianche del Teatro Comunale, istruite da Paolo Gattolin, nitide e puntuali in episodi ritmicamente molto impegnativi, come il “Siam nimbi volanti dai limbi/ Nei santi splendori vaganti” del Prologo in Cielo.
Simon Lim, nei panni di Mefistofele, si è distinto in ragione di una bella voce di basso cantante, emessa con correttezza e sostenuta con personalità. Molto bene nell’atteso incipit del Prologo, “Ave Signor”, vera carte de visite per chi si accinga a misurarsi con questa difficilissima parte e sempre presente, sonoro, incisivo in ogni momento della serata.
Meno definito Antonio Poli, il combattuto deuteragonista Faust, tendente a superare con la forza e il volume vocale i momenti di difficoltà e comunque partecipe ed applicato sempre con punti a suo favore nell’ispirato e granitico finale dell’opera.
Partecipazione ed applicazione indubitabili anche nel soprano Marta Mari, interprete di Margherita nella prima parte dell’opera e di Elena nel Sabba Classico, il cui momento migliore ci è parso quello del carcere e della morte con un commosso “Spunta l’aurora pallida”. Molto bene le parti di fianco affidate a Eleonora Filipponi, Marta; Shay Bloch, Pantalis; Paolo Lardizzone, Wagner; Vincenzo Tremante, Nereo. Quindi, per chiudere la nota, ricordiamo le coreografie di Michele Merola per i danzatori di Agora Coaching Project (a cura di MM Contemporary Dance Company) e Rosanna Giurgola (assistente alla regia e ai costumi), nonché Angelo Sgalambro (video e luci, essenziali nello spettacolo).
Applausi copiosi alla fine. Presente in un palco di prim’ordine con la classe che sempre l’ha contraddistinta, Raina Kabaivanska, protagonista fra l’altro di uno storico Mefistofele scaligero diretto da Gavazzeni nel 1964. E già che siamo in vena di ricordi, un pensiero devoto a Bonaldo Giaiotti e ad Ottavio Garaventa che firmarono il mio primo Mefistofele esattamente cinquant’anni fa.