24 maggio 1944: arrestati, deportati e assassinati ad Auschwitz 10 uomini, 11 donne, una mamma francese e due bambini. Per non dimenticare mai la Shoah, abisso dell’uomo. 24 nomi, 24 storie

La mattina del 24 maggio 1944 furono prelevati a Firenze 10 uomini, 11 donne e 3 membri di una famiglia francese, tra cui due bambini di 1 e 2 anni.

24 Pietre d’Inciampo per ricordare e tramandare alle future generazioni la memoria delle 24 persone arrestate dalle truppe naziste a Firenze la mattina del 24 maggio 1944 e deportate nel campo di sterminio di Auschwitz il 26 giugno dello stesso anno. 21 anziani, 10 uomini, 11 donne e 3 membri di una famiglia francese (una donna di 25 anni e i suoi due figli di 2 e 1 anno). Nomi che da oggi resteranno impressi ancora di più nella memoria collettiva grazie ai piccoli sanpietrini decorati con una piastra d’ottone che la Comunità Ebraica di Firenze e la Casa di Riposo Ebraica (l’ex ospizio israelitico “Settimio Saadun” da dove i 24 furono prelevati) in collaborazione con il Comune di Firenze ha apposto in viale Amendola. 

«Quella delle Pietre d’Inciampo è una iniziativa a cui tengo molto e a cui ho voluto partecipare, nonostante l’emergenza sanitaria, per portare la vicinanza della città alla comunità ebraica e a tutta la comunità fiorentina – spiega il sindaco di Firenze Dario Nardella -. Non dimentichiamo quello che Firenze ha sofferto, la sua battaglia per i diritti umani e per la libertà contro il nazifascismo. E soprattutto non dimentichiamo le persecuzioni degli ebrei fiorentini e quello che è avvenuto un questo luogo e le 24 persone vittime della violenza nazifascista. Con i rappresentanti della comunità ebraica portiamo avanti numerosi progetti culturali ed educativi soprattutto nelle scuole perché è importante raccontare alle nuove generazioni cosa accadde a Firenze e nel mondo in quegli anni. E le Pietre d’inciampo rappresentavano una traccia indelebile di quello che è avvenuto e un monito perché il passato si ripeta».   

«In una impossibile graduatoria degli orrori, è forse la persecuzione degli anziani uno degli aspetti più feroci della barbarie del nazifascismo – evidenzia Enrico Fink, presidente della Comunità Ebraica di Firenze -. Accanirsi contro chi, inerme, vive l’ultima stagione della propria vita in una casa di riposo è un atto di tale insensata crudeltà, da risultare non solo inaccettabile ma quasi incomprensibile alla coscienza. Meditare, anche in questo caso, ciò che è stato, forse ci serve a comprendere davvero in quale baratro di atrocità sia scivolata la nostra società civile, appena qualche generazione addietro. Le Pietre che oggi la Comunità vuole posare insieme alle istituzioni pubbliche che ringraziamo, resteranno ci auguriamo, a monito perenne, a ricordare questa infamia anche alle generazioni che verranno: nella nostra Festa della Liberazione, Pesach, ricordiamo ogni anno che, ledor vador, di generazione in generazione, bisogna riconoscere l’orrore della schiavitù, la violenza dell’oprressione e la forza del riscatto come se noi stessi fossimo stati schiavi, oppressi, e noi stessi fossimo chiamati alla lotta per la libertà. Sia dunque il ricordo di queste anime di benedizione a noi e ai nostri figli»

«La Shoah fu l’abisso dell’umanità, con un numero di vittime terrificante, ma non dobbiamo mai fermarci ai numeri, per quanto siano di per sé già impressionanti: le vittime di quella strage erano persone, esseri umani, donne, uomini, bambine, bambini, anziani – dichiara Alessandra Nardini, assessora alla Cultura della Memoria della Regione Toscana -. I loro nomi e i loro cognomi devono rimanere scolpiti nella nostra memoria civile, abbiamo il dovere morale di ricordare chi erano e cosa accadde loro. Ecco perché le pietre d’inciampo sono così importanti ed ecco perché partecipo con profonda commozione alla posa di queste ulteriori 24, che ci ricordano altrettante persone arrestate il 24 maggio ’44 dai nazisti all’ex ospizio israelitico e deportate ad Auschwitz. È giusto che le nostre concittadine e i nostri concittadini inciampino nella memoria, che leggano i nomi e che magari, incuriositi, approfondiscano quelle tragedie individuali che si consumarono all’interno di una tragedia più grande. Camminiamo quotidianamente in strade dove sono avvenuti arresti e violenze, frequentiamo o abitiamo palazzi dove si sono consumati rastrellamenti, non dobbiamo dimenticarlo mai, affinché ciò che è stato non sia mai più».

«Con questa iniziativa i continuiamo una azione davvero importante che come città e Amministrazione di Firenze portiamo avanti insieme con la comunità ebraica e tutti coloro che hanno a cuore il valore della memoria – sottolinea Alessandro Martini, assessore alla cultura della Memoria del Comune di Firenze – . Le pietre d’inciampo questa volta ricordano molti anziani e bambini che furono deportati ingiustamente e poi sacrificati dalla violenza e dalla cecità dell’aggressore nazifascista. È un momento importante che rappresenta anche un’occasione di riflessione e di ulteriore conoscenza di quei fatti non solo per non dimenticare ma anche per concretizzare la nostra attenzione ai valori della libertà, della democrazia, della coesione sociale e della positiva vita di relazione nelle comunità di cui oggi c’è tanto bisogno, forse più che in passato. Quindi grazie agli organizzatori e tutti coloro che si impegnano e continueranno a impegnarsi per proseguire con la collocazione di queste testimonianze tangibili di un momento drammatico della storia del secolo scorso». 

La ricostruzione storica 

A ricostruire quanto avvenne la mattina del 24 maggio 1944 Marta Baiardi dell’Istituto Storico della Resistenza. L’ente benefico Ospizio Israelitico “Settimio Saadun” era stato fondato nel 1870 come ricovero per i bisognosi ebrei anziani e malati. Durante la guerra e sotto l’occupazione tedesca continuò a svolgere le sue funzioni, fino alla tragica mattina del 24 maggio 1944 in cui un camion di militi nazisti si fermò all’ingresso della struttura (allora in viale Duca di Genova 6, attuale viale Amendola) e catturò 24 ospiti: ventun persone anziane, dieci uomini e undici donne, e insieme tre membri di una famiglia francese: la madre venticinquenne e i suoi figli, Renée, una bambina di due anni, e il suo fratellino Sergio di un anno. Due giorni dopo l’arresto, i catturati dell’Ospizio fiorentino furono trasferiti da Firenze al campo di Fossoli (presso Carpi, in provincia di Modena), e da lì il 26 giugno 1944 furono deportati al campo di sterminio di Auschwitz, dove giunsero quattro giorni dopo per essere tutti assassinati all’arrivo. Solo una anziana donna non arrivò mai in Polonia, perché morì nel campo di Fossoli prima della partenza del convoglio. La deportazione e l’uccisione di vecchi, malati, donne e bambini inermi era parte integrante del progetto di distruzione degli ebrei europei ideato e pianificato dai nazisti e attuato su scala continentale anche grazie all’aiuto fattivo ricevuto dai regimi collaborazionisti, nel nostro Paese dalla Repubblica Sociale Italiana.

24 pietre d’inciampo e 24 storie

AMEDEO BEMPORAD di Cesare e Gioconda Levi, nato a Pisa l’8 maggio 1869, celibe. Prima di essere ricoverato all’Ospizio nel novembre 1940, faceva il merciaio e abitava in via sant’Antonino 32. Era il prozio (il fratello del nonno materno) dell’illustre oncologo radiologo di Pistoia, Giancarlo  Piperno (1927-2017), che lo ha ricordato in alcune interviste. Età nel 1944: 75 anni

GEMMA BEMPORAD di Giovanni e Fortunata Passigli, nata a Siena il 7 gennaio 1863, vedova di Raffaele Fiano. Era stata ricoverata all’Ospizio nel 1943, prima abitava in via de’ Benci 19 con i Fiano. Era la nonna paterna di Nedo Fiano (1925-2020), unico sopravvissuto ad Auschwitz di tutta la famiglia, che la ricorda nelle sue memorie. Età nel 1944: 81 anni

RAFFAELLO BLANES di Salomon e Rosa Marini, nato a Firenze il 10 febbraio 1877. Era stato ricoverato all’Ospizio nel 1941, prima abitava in via Torta. Età nel 1944: 67 anni

CALÒ ELENA  di Leone e Rachele Calò, nata a Firenze il 5 settembre 1854, vedova di Giuseppe Servi. Suo figlio Corrado Servi (1877-1944) fu arrestato a Firenze nella primavera del 1944, deportato un mese circa prima di sua madre e morto ad Auschwitz. Età nel 1944: 90 anni 

CALÒ ESTER di  Samuele e di Rosa Procaccia, nata a Firenze il 18 febbraio 1865, vedova dal giugno 1935 di Giuseppe Dina, che aveva sposato a Venezia nel febbraio 1882. Fino al suo ricovero all’Ospizio nel gennaio 1944, aveva abitato in viale Cadorna 15. Per un triste caso fortuito, sullo stesso convoglio degli ospiti dell’Ospizio in cui Ester Calò fu deportata da Fossoli (il n. 13, partito il 26 giugno 1944 e giunto ad Auschwitz il 30 gennaio 1944), si trovavano anche suo fratello Ernesto Calò (1877-1944) e un’altra sorella Elena Calò (1875-1944), arrestati entrambi da un delatore della “banda Carità” dopo aver subito estorsioni. Età: 79 anni

CARO CLAUDIO di Moisè e Fortunata Morais, nato a Livorno il 14 novembre 1864. Era stato ricoverato all’Ospizio israelitico nel 1943. Età nel 1944: 80 anni

COEN DIAMANTE di Pellegrino e Matilde Almagià, nata ad Ancona il 7 giugno 1864, vedova di Salomone Fuà che aveva sposato nel luglio 1886. Prima di essere ricoverata all’Ospizio Israelitico nel novembre 1943, abitava in via Mannelli 29. Età nel 1944: 80 anni 

COEN RENATO (detto il “MONCHINO”) di Edmondo e Ida Rosa Portaleoni, era nato ad Ancona il 30 aprile 1909, coniugato con Ines Orvieto. Portiere all’Ospizio Israelitico, viveva con la famiglia in via Alfani 13. Secondo fonti antifasciste coeve, intratteneva rapporti stretti e ambigui con l’Ufficio Affari Ebraici della prefettura repubblicana di Firenze, allora comandato dall’antisemita Francesco G. Martelloni, responsabile istituzionale delle operazioni di arresto e razzia dei beni ebraici a Firenze e in provincia. Ma nessuna ”speciale relazione” coi persecutori valse la salvezza al “Monchino”. Fu deportato con gli altri ospiti dell’Ospizio e trovò la morte ad Auschwitz. Sua moglie Ines Orvieto invece era morta di malattia il 2 maggio 1944, pochi giorni prima della deportazione del marito. Età nel 1944: 35 anni

DELLA PERGOLA ESTER di David e Rachele Orvieto, nata a Signa (Firenze) il 20 novembre 1866, vedova di Cesare Cava. Era stata ricoverata all’Ospizio nel marzo 1943; prima abitava in borgo San Iacopo 25. Giuseppe Della Pergola (1868-1944), uno dei fratelli di Ester fu arrestato a Firenze in altre circostanze, e deportato ad Auschwitz nello stesso convoglio dell’anziana sorella. Ester Della Pergola era la zia materna di Anna Di Gioacchino (1911-1948), sopravvissuta ad Auschwitz, moglie del rabbino Nathan Cassuto (1909-1945), che invece non si salvò. Età nel 1944: 78 anni

Una famiglia proveniente dalla Francia: madre e due bambini piccoli  REGINA SCHALLER di Bernard Schaller, nata a Metz (Francia) il 12 ottobre 1919, coniugata con Léo Frieder. Età nel 1944: 25 anni

FRIEDER RENÉE di Léo e Regina Schaller Frieder, nata a Clermont-Ferrand, il 3 maggio 1942. Età nel 1944: 2 anni

FRIEDER SERGIO (o SERGE) di Léo e Regina Schaller, nato il 2 novembre 1943. Età nel 1944: 1 anno

LUISADA GIACOMO di Samuele ed Enrichetta Coen, nato a Livorno il 7 maggio 1863, vedovo di Luisa (o Luigia) Luisada, con cui si era sposato a Tunisi nel novembre 1892. Prima di essere ricoverato all’Ospizio Israelitico nell’agosto 1943, viveva in via Guelfa 43. Età nel 1944: 81 anni

MASSA MARIETTA di Abramo e Adele Levi, nata a Firenze il 26 agosto 1859, nubile. Fino alla scomparsa per morte naturale di sua sorella Paola Massa (1866-1941), le due donne vissero insieme in borgo Pinti 18. Fu accolta all’Ospizio dopo una lettera di invito del 5 maggio 1944 da parte del commissario prefettizio capo dell’Ufficio Affari Ebraici, Giovanni F. Martelloni. Età nel 1944: 85 anni

NISSIM MAGENTA di Angiolo ed Elvira (Eva) Castelli, seconda di cinque sorelle era nata a Firenze il 18 settembre 1860. Vedova di Vittorio Perugia (che aveva sposato nell’ottobre 1885), prima di essere ricoverata all’Ospizio Israelitico nell’aprile 1944, abitava in via della Torretta 5. Arrestata con gli altri ospiti della struttura, non giunse mai ad Auschwitz: la morte la colse a Fossoli il 12 giugno 1944, prima che il convoglio per il campo di sterminio fosse pronto a partire. Età nel 1944: 84 anni

ORVIETO ELISA di Angelo ed Elvira Bolaffi, nata a Firenze il 20 dicembre 1875, coniugata con Benedetto Passigli (1866-1952). I coniugi si ricoverarono insieme all’Ospizio Israelitico nel 1938, lasciando la loro casa di via dei Macci 7. Il marito, già venditore ambulante, non fu catturato il giorno della razzia perché cieco. Ma nel frattempo era stato arrestato invece il loro figlio, Eligio Alfredo Passigli (1914-1945), deportato con lo stesso convoglio di Primo Levi (partito da Fossoli per il campo di sterminio il 22 febbraio 1944), e non sopravvissuto ad Auschwitz. Età nel 1944: 69 anni

PACIFICI ALBERTO di Angiolo e Cesira Castelnuovo, nato a Firenze il 18 ottobre 1870, coniugato con Elena Levi. Poche settimane prima della razzia, era stato nominato direttore dell’Ospizio Israelitico da Giovanni F. Martelloni, capo dell’Ufficio Affari Ebraici, che gli aveva anche concesso di abitare all’interno della struttura. Fu arrestato con tutti gli altri ospiti il 24 maggio 1944. Il giorno dopo membri dell’Ufficio Affari Ebraici della prefettura repubblicana riuscirono a catturare con l’inganno anche le due figlie di Alberto Pacifici, Emma (n. 1899) e Ada (1907-1944), la nuora Ada Orvieto (1887-1944), e la nipote Sonia Pacifici (1923-1945). Insieme con Alberto queste donne furono tutte deportate ad Auschwitz. Sopravvisse solo Emma Pacifici che nel 1950 testimoniò al processo contro i membri dell’Ufficio Affari Ebraici, che peraltro andarono tutti assolti. Età nel 1944: 74 anni

PASSIGLI GUIDO di Abramo e Dolce Calò, nato a Firenze il 27 febbraio 1882, vedovo di Elena Donati. Era il quarto di sette fra fratelli e sorelle. Faceva il venditore ambulante e, prima di essere ricoverato all’Ospizio nel 1943, abitava in via delle Conce 13. Età nel 1944: 62 anni

PIPERNO CORINNA di Leone e Carolina Misul, nata a Livorno il 15 novembre 1874, nubile. Visse con sua madre Carolina Misul (1854-1944) in via Guelfa 11, fino alla fine di aprile 1944 quando insieme si ricoverarono all’Ospizio Israelitico. L’anziana Carolina però morì di morte naturale nella casa di riposo pochi giorni prima della razzia, evitando la deportazione. Età nel 1944: 70 anni

RACAH ALDO di Dario e Amalia Lopes Pegna, nato a Firenze il 15 dicembre 1890, celibe. Prima di entrare all’Ospizio Israelitico nel 1942, faceva il commesso e abitava in via Fiesolana 37. Età nel 1944: 54 anni

SERVI ARTURO di Leone e Alessandra Calò, nato a Firenze il 22 settembre 1868, vedovo di Enrichetta Menasci che aveva sposato nel giugno 1897. Faceva il tappezziere e fino al suo ingresso all’Ospizio Israelitico nel gennaio 1944 visse in via Ghibellina 112. Non risulta avesse dei figli, ma era lo zio paterno di Giorgio (n. 1916) e Miranda Servi (n. 1911), che lo nomina in un suo dettagliato memoriale del primo dopoguerra. Età nel 1944: 76 anni 

SERVI GIOVACCHINO di Samuele ed Enrichetta Procaccia, nato a Firenze il 19 settembre 1862, era vedovo di Italia Della Torre (1860-1944) con cui si era sposato nel 1884. Faceva il venditore ambulante, visse in via de’ Pepi 46 insieme con la moglie fino al 1943, quando insieme si ricoverarono all’Ospizio Israelitico. Ma la donna nel dicembre di quello stesso anno morì di morte naturale evitando così la deportazione. Anche una delle loro figlie, Ida Servi (1892-1944) coniugata con Leonardo De Paz, fu arrestata nell’aprile 1944, deportata e assassinata ad Auschwitz. Età nel 1944: 82 anni

SESSI ESTER di Angiolo e Albina Borghi, nata a Cortona (Arezzo) il 7 ottobre 1863, nubile. Faceva la sarta e abitava in via dell’Amorino 10. Fu accolta all’Ospizio dopo una lettera di invito del 5 maggio 1944 da parte del commissario prefettizio capo dell’Ufficio Affari Ebraici, Giovanni F. Martelloni. Età nel 1944: 81 anni

SORNAGA ENRICHETTA  di Giuseppe e Anna Sogliani, nata a Firenze il 23/24 dicembre 1857, prima di essere ricoverata all’Ospizio Israelitico nel 1944, viveva in via Guerrazzi 21. Età nel 1944: 87 anni.

Il progetto delle “Pietre d’inciampo” è stato fortemente voluto dalla Comunità Ebraica di Firenze e dalla sua presidente Daniela Misul, prematuramente scomparsa nel 2019. A Firenze la posa della prima “Pietra d’inciampo” è stata il 9 gennaio 2020 in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria.

Le “Pietre d’Inciampo” nascono a metà degli anni ’90 su iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig per ricordare tutte le vittime della deportazione nei campi di concentramento nazisti, indipendentemente da credo religioso, appartenenza politica, origine etnica, nazionalità, orientamento sessuale. Sono così chiamate perché hanno lo scopo di far “inciampare” in senso figurato le riflessioni dei passanti, cittadini o turisti, costringendoli a ricordare il motivo per il quale i sampietrini si trovano in quel preciso luogo; un monumento privo di verticalità e addirittura interrato che necessita della distanza ravvicinata per essere notato e osservato, che pur non imponendosi riesce a catturare l’attenzione del passante intrecciando memoria pubblica e privata, passato e presente, individuo e collettività. Una delle caratteristiche peculiari di quest’opera è la sua totale integrazione con il tessuto urbano della città e diffuso sul territorio. 

Il progetto consiste nella posa in opera di piccole targhe in ottone della dimensione di un sampietrino (10 x 10 cm) sul selciato nella zona prospiciente l’abitazione della vittima, su cui ne sono incisi i dati personali. Ad oggi si contano oltre 60mila pietre in molti Paesi europei, tra cui tante città italiane.